FOTOGRAFIA ETICA IN UN MONDO IN CERCA DI MORALE
Posted by Francesco Saverio Simone arte, COMUNICAZIONE E NEW MEDIA 01:15FOTOGRAFIA ETICA IN UN MONDO IN CERCA DI MORALE
E’ un antico problema quello del rapporto tra arte ed etica. E’ anche un antico problema quello sull’artisticità della fotografia. Sicuramente la fotografia parte sempre da un confronto con la realtà. Il fotografo può manipolare il reale, renderlo quasi irriconoscibile, trasformando l’oggettività del visibile nella soggettività di una sua visione interiore. Il fotografo di reportage, invece, cerca di documentare situazioni reali che riguardano l’universo in cui viviamo e, purtroppo, spesso ci parla di violenza, conflitti, degrado ambientale. A volte diventa anche sociologo e indaga fenomeni culturali delle società evolute o di quelle sottosviluppate. Nel lavoro di reportage è implicita una componente etica, perché anche le immagini più oggettive implicano un giudizio. Oggi appare urgente una battaglia civile, sociale, culturale per affrontare un mondo che sembra sempre più avvolto in una spirale di irrazionalità, dove a guerre e ingiustizie sociali si unisce un forsennato assalto alla natura, alla possibilità di vita futura del pianeta. Di fronte a ciò credo che tutti gli intellettuali siano chiamati a mobilitarsi, tutte le arti debbano attivarsi perché è in gioco, letteralmente, il futuro del genere umano. Tornando alla fotografia di reportage, il messaggio trasmesso risulterà sempre più forte se si unirà alla potenza delle immagini la qualità della rappresentazione e la forza del racconto. Così a Lodi, alla decima edizione del Festival della Fotografia Etica, grandi fotografi ci immergono in una narrazione che, passando dalle sette sedi espositive e dalla numerose mostre in esse ospitate, ci interroga e ci coinvolge, ci chiede di mobilitarci per il presente e per il futuro, ripensando a un vecchio motto di Lenin: “L’etica è l’estetica dell’avvenire”.
Allo spazio Bipielle Arte, dove c’è la biglietteria, la sezione “Uno sguardo sul mondo”presenta quattro mostre: “I gilet gialli” dei fotografi dell’Agence France Presse. Fenomeno interessante, immagini troppo spettacolari, troppa ricerca del facile effetto. Secondo me una delle mostre più deboli. Commoventi le immagini di Joey Lawrence nel lavoro “Guerriglieri curdi”: donne e uomini nei cui sguardi non si leggono odio, fanatismo; che sicuramente vorrebbero fare cose diverse dall’imbracciare un’arma e che, proprio oggi, sono nuovamente chiamati alla lotta per difendere la loro identità di popolo. Da un territorio di violenza e morte Nick Hannes, con “Il giardino delle delizie”, ci catapulta in un luogo dell’assurdo, un teatro dove si sprecano risorse che potrebbero fare il bene di tanti per costruire un ambiente in cui pochi, ricchi, ignoranti, inconsapevoli si isolano tra spiagge in mezzo a grattacieli, autostrade che terminano nel nulla, false montagne innevate, saloni con arredi di ghiaccio, sale per cani con televisori al plasma e dog trainer, ville galleggianti costruite sull’acqua, con stanze sotto il livello del mare e maggiordomo a ricevere gli affittuari con bottiglia di champagne. Tutto questo in mezzo al deserto di Dubai. Il discorso sullo spreco assurdo di risorse a favore di un turismo di puro consumo, con in più un’attenzione sul disastro climatico ce lo offre Marco Zorzanello con “Il turismo nell’epoca del cambiamento climatico”. Se nelle Dolomitinon nevica più, la neve si crea, si realizzano piste e sentieri innevati in mezzo ad ambienti naturali brulli. I cannoni da neve, sempre più numerosi, sparano per offrire un palliativo di quello che una volta era un paesaggio di neve vera. Il Mar Morto, in Israele, si ritira sempre più, le falde si impoveriscono ma si costruiscono alberghi con splendide piscine in mezzo al deserto. Crescono esponenzialmente i turisti che si recano con navi a visitare le zone artiche, dove i ghiacciai si sciolgono; si fanno selfie e acquistano l’acqua dei ghiacciai che, imbottigliata, viene venduta a peso d’oro. Guillermo Arias e Pedro Pardo, in “La Carovana”, documentano il viaggio disperato di migliaia di persone, con tanti bambini, che da Honduras e Guatemala attraversano a piedi tutto il Messico per raggiungere il confine con gli Stati Uniti, dove vengono picchiati, arrestati o rischiano la morte per accedere al mondo dorato di Trump.
Nel bellissimo Palazzo Barni le mostre dei premiati del World Report Award: nella sezione Master, Darcy Padilla, con “Sognatori”, documenta la condizione dei nativi nella riserva indiana di Pine Ridge, considerato il luogo più povero degli Usa. Uomini e donne sono consumati dall’uso di alcool e anfetamine, seguitando così il processo di genocidio del loro popolo. Il giovane tedesco Arne Piepke, vincitore delle “Student Award”, in “Fede, tradizione e patria” documenta la tradizione dei club dei tiratori in Germania e dei festival in cui si divertono a sparare a finti uccelli: inquietante. Il “No Profit Award” è andato a Emergency, presentata in altro spazio. Secondo, Médecins du Monde. Il belga Olivier Papegnies mostra, col titolo “Impadronirsi del proprio futuro, gravidanze indesiderate tra le adolescenti in Costa d’Avorio”, l’attività dell’organizzazione per aiutare le giovani, fornire ausilio medico ed educativo. Al terzo posto l’Ong “Positive change may happen” per la quale la fotogiornalista Renée C. Byer, già vincitrice del Pulitzer, viaggiando attraverso dieci paesi in quattro continenti, ha realizzato il servizio “Vivere con un dollaro al giorno, le vite e i volti dei poveri del mondo”, mostrando i drammi ma anche le speranze di queste genti. Il premio Spot Light Award è andato all’indiano Senthil Kumaran Rajendran, col servizio “Confini, il conflitto tra esseri umani e tigri”. Il fotografo si è recato in villaggi che si trovano ai margini di riserve che ospitano le poche migliaia di tigri sopravvissute, dove la convivenza tra uomini e animali è resa difficile dalle attività agricole che restringono sempre più gli spazi delle tigri, le quali, ovviamente, attaccano anche l’uomo e che vengono illegalmente uccise. Le immagini delle tigri, tranne quelle morte, sono riprese da grande distanza o da telecamere fisse ed è anche affascinante vedere come gli animali sembrino essere un tutt’uno con gli alberi e la foresta. Il premio “Short Story Award” è andato al tedesco “Emile Ducke”, che, con “Diagnosi”, ha seguito un treno ospedaliero che attraversa luoghi remoti della Siberia per permettere ai residenti di avere visite ed esami medici. Al piano inferiore del palazzo, nella sezione “Single Shot Award” sono presenti trenta fotografi con una sola foto. Il tema del concorso, anche per combattere l’atmosfera tragica di tanti servizi, è “Essere, pensare, agire positivo” e vuole documentare situazioni in cui, nonostante le difficoltà, emerge un elemento di speranza. Il premio è andato all’italiana Giulia Frigiericon la foto di una ragazza che, insieme a un’amica, ha costituito il primo team di donne surfiste in Iran, vincendo la duplice difficoltà della condizione femminile nel suo paese e del fatto che in Iran, per ragioni geografiche, le zone adatte a questo sport sono assai poche.
Il Palazzo Modignani ospita lo “Spazio tematico Italia”. Incontriamo per prima Letizia Battaglia, che non ha bisogno di presentazioni. Le immagini sono tra le sue più dure, con gli ammazzati dalla mafia, i ragazzini che giocano con le armi. Diana Bagnoli, con “Prima Comunione”, ci porta nel napoletano, a seguire la preparazione di due ragazzine per la cerimonia, che viene considerata di maggior rilievo sociale anche del matrimonio, con le bambine che comunque si atteggiano a donne in un gioco alquanto triste. Massimo Berrutisi è calato nella terra dei fuochi, vivendo con la popolazione locale e conquistandone la fiducia e, con “Epidemia”, mostra una realtà ambientale agghiacciante. Marco Valle, con “Mare Mostrum”, esplora le coste marine italiane, documentando l’inquinamento, le costruzioni selvagge, gli scarichi illegali e tutto ciò che, purtroppo, in parte conosciamo, ma mai abbastanza. Io ad esempio sono rimasto esterrefatto dalla foto di ragazzi che, in provincia di Livorno, nuotano in un canale di acqua completamente bianca, che contiene gli scarichi dell’industria chimica Solvay e, sempre nella stessa zona, una spiaggia di sabbia bianchissima, quasi caraibica, che però è formata dai prodotti di scarto della stessa industria. I “Terra Project Photographers”presentano due approfondimenti interessanti, uno sulla scuola, che sappiamo avere in Italia grossi problemi, incentrato sulle piccole realtà montane e rurali, dove consentire una possibilità di accesso all’istruzione è fondamentale per mantenere in vita le comunità, introducendo anche un tema che viene dal Nord Europa, quello dell’istruzione all’aria aperta, le cosiddette “scuole nel bosco”; il secondo riguarda il lavoro, un mondo che è stato completamente rivoluzionato e che ha lasciato chi vi si deve inserire sempre più indifeso e solo a vivere nell’incertezza e in assenza di futuro. Il tema dell’Italia che cambia, con i piccoli paesi che si spopolano e spesso diventano fantasmi viene affrontato da Mariano Sillettiche è andato a Serra Maggiore, comune della Basilicata i cui abitanti si contano ormai sulle dita delle mani, ultimi resistenti prima della morte di questa piccola realtà.
La bella e luminosa Biblioteca Laudenseospita una installazione fotografica per ricordare i venti anni di una realtà importante e singolare come Banca Eticae un altro pugno nello stomaco col vincitore del premio Voglino Gabriele Cecconi che, in “I miserabili e la terra”, mostra la condizione disumana del popolo Rohingya, perseguitati nel Myanmar, anche con la complicità del già premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
Sempre per non chiudere gli occhi davanti al dolore del mondo, e anche per continuare ad essere grati a chi conduce una lotta impari contro il male e la guerra, che del male è la peggiore espressione, all’Ex Cavallerizza si documenta il lavoro di Emergency in Afghanistan, presso il centro chirurgico di Lashkar-gah. Immagini terribili ma necessarie
Anche l’ex chiesa dell’Angelo è un sito bellissimo e quanto mai adatto ad ospitare le fotografie della polacca Monika Bulaj. Il suo lavoro, “Broken songlines”, mostra la scomparsa, in tanti luoghi del mondo, di quella che lei chiama la ricchezza delle complessità, tutta quella spiritualità che si esprimeva in religioni che convivevano pacificamente. Al centro di questa koinè spirituale il corpo, che la Bulaj vede come tempio, luogo della memoria collettiva, prigione ma anche liberazione, corpo che non mente, che ospita il sacro, che, attraverso l’uso sapiente dei sensi, cerca la liberazione.
Infine allo Spazio Ludesan Life i fotografi dilettanti del gruppo lodigiano ProgettoImmagine intendono rispondere, con lo strumento dell’indagine fotografica, alla polemica che l’anno scorso colpì la città, quando si volle negare il pranzo ai bambini delle scuole i cui genitori non erano in regola con la retta. Hanno contattato diciotto migranti che vivono nella zona e li hanno raccontati, raccogliendo sia storie di successo professionale e integrazione sia le difficoltà di altri che si scontrano con gravi problemi quotidiani. Un modo per far capire che i migranti non sono una categoria ma esseri umani, persone con le quali noi dobbiamo confrontarci, non voltarci dall’altra parte, non esercitare su di loro il nostro rancore e le nostre frustrazioni.
SAURO SASSI
FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA
LODI, FINO AL 27 OTTOBRE
APERTO SOLO SABATO E DOMENICA DALLE 9.30 ALLE 20
BIGLIETTO EUR 15. RIDOTTO 12 PER OVER 65, STUDENTI DAI 13 AI 18 ANNI, STUDENTI UNIVERSITARI (CON TESSERINO), SOCI COOP E ALTRE CATEGORIE. GRATIS MINORI 12 ANNI. COL BIGLIETTO VIENE CONSEGNATO UN BRACCIALETTO CHE CONSENTE L’ENTRATA A TUTTE LE SEDI E, SE TENUTO AL POLSO, ANCHE NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE.
ACQUISTABILI SOLO PRESSO BIPIELLE ARTE, VIA POLENGHI LOMBARDO 13, VICINO ALLA STAZIONE FERROVIARIA O IN PIAZZA DEL BROLETTO IN CENTRO CITTA’
E’ PRESENTE ANCHE UN CIRCUITO OFF CON MOSTRE IN VARI LUOGHI
https://www.festivaldellafotografiaetica.it
Io esisto
Posted by Francesco Saverio Simone LOGICHE EMOTIVE 09:30"Io esisto.
Anche se non mi vedi, anche se non mi senti.
Anche se non ho colore, se non ho un aspetto, anche se a volte ne dubito anche io.
Io esisto.
Sono come l’aria che a volte manca e a volte è troppa e in entrambi i casi ti senti svenire.
Sono come l’acqua, capace di adattarmi a ciò che mi circonda, a ciò che mi contiene, ma allo stesso tempo sicura di riuscire a levigare anche le rocce.
Sono come il vento, scuoto gli alberi e i pensieri, sposto nuvole e sentimenti.
Sono come il vetro: fragile, ma tagliente.
Sono trasparente, non ho colore, ma io esisto.
Anche se a volte me ne fate dubitare."
Anche se non mi vedi, anche se non mi senti.
Anche se non ho colore, se non ho un aspetto, anche se a volte ne dubito anche io.
Io esisto.
Sono come l’aria che a volte manca e a volte è troppa e in entrambi i casi ti senti svenire.
Sono come l’acqua, capace di adattarmi a ciò che mi circonda, a ciò che mi contiene, ma allo stesso tempo sicura di riuscire a levigare anche le rocce.
Sono come il vento, scuoto gli alberi e i pensieri, sposto nuvole e sentimenti.
Sono come il vetro: fragile, ma tagliente.
Sono trasparente, non ho colore, ma io esisto.
Anche se a volte me ne fate dubitare."
Ess_Illustrator
its time to love yourself
Posted by Francesco Saverio Simone LOGICHE EMOTIVE 09:28"È arrivato il momento di amare te stess*.
Ho passato anni in guerra con me stessa. A crearmi aspettative, a paragonarmi a chissà chi o chissà cosa.
Ho passato anni a dare ascolto agli altri, a sentire cosa avevano da ridire, i consigli non richiesti, i giudizi, le aspettative, le opinioni. Ho forgiato il mio carattere con i giudizi altrui. Li ho temuti, ho desiderato ed elemosinato approvazione.
Ho capito solo da poco che ognuno è diverso, che ognuno ha i propri limiti, le proprie capacità. Che i difetti sono importanti e funzionali tanto quanto i pregi. Ho capito che non si vive per assecondare il prossimo e chi ti ama davvero, lo fa a prescindere. Che accettarsi non vuol dire accontentarsi, ma essere consapevoli di ciò che può essere migliorato e ciò che è destinato a restare tale. Che amarsi vuol dire mettere la propria opinione sopra quelle degli altri, è capire che solo io posso giudicarmi perché solo io so qual è il mio passato, il mio vissuto, solo io so quali sono le mie vere intenzioni, i miei principi. Sono io a dover affrontare le conseguenze dei miei errori, sono io ad imparare da essi. Sono io a dover essere fiera di me e non gli altri. Devo fare le cose per me, per rendermi orgogliosa di quello che sono, di quello che ero e di quello che sarò.
La vita è troppo breve per far la guerra a se stessi."
Ho passato anni a dare ascolto agli altri, a sentire cosa avevano da ridire, i consigli non richiesti, i giudizi, le aspettative, le opinioni. Ho forgiato il mio carattere con i giudizi altrui. Li ho temuti, ho desiderato ed elemosinato approvazione.
Ho capito solo da poco che ognuno è diverso, che ognuno ha i propri limiti, le proprie capacità. Che i difetti sono importanti e funzionali tanto quanto i pregi. Ho capito che non si vive per assecondare il prossimo e chi ti ama davvero, lo fa a prescindere. Che accettarsi non vuol dire accontentarsi, ma essere consapevoli di ciò che può essere migliorato e ciò che è destinato a restare tale. Che amarsi vuol dire mettere la propria opinione sopra quelle degli altri, è capire che solo io posso giudicarmi perché solo io so qual è il mio passato, il mio vissuto, solo io so quali sono le mie vere intenzioni, i miei principi. Sono io a dover affrontare le conseguenze dei miei errori, sono io ad imparare da essi. Sono io a dover essere fiera di me e non gli altri. Devo fare le cose per me, per rendermi orgogliosa di quello che sono, di quello che ero e di quello che sarò.
La vita è troppo breve per far la guerra a se stessi."
Ess_Illustrator
ALONE vol. III - Palude di GIANNI MAROCCOLO
Posted by Francesco Saverio Simone musica, SOCIETA' E COSTUME 04:38Copertina di ALONE VOL III Credits artwork: Marco Cazzato
Gianni Maroccolo. Credits Francesco Ballestrazzi
“Non possiedo nome eppure m’invadono tutti”
Nina Maroccolo
Dopo la gelida tundra e le profondità dell’abisso, è giunto il tempo di attraversare la melmosa palude.
Esattamente un anno dopo l’uscita del primo capitolo, esce oggi 17 dicembre per Contempo Records Alone vol. III, nuova tappa del “disco perpetuo” di Gianni Maroccolo: un progetto musicale che andrà avanti all’infinito (con due release l’anno, il 17 dicembre e il 17 giugno).
Anche questo album è accompagnato dalle splendide illustrazioni, tra cui l’artwork di copertina, dell’artista visivo Marco Cazzato e dai racconti immaginifici dello scrittore e critico musicale Mirco Salvadori. La post-produzione sonora e il mastering sono affidati a Lorenzo “moka” Tommasini, mentre la supervisione è di Alessandro Nannucci, aka il Tozzo.
Palude è il sottotitolo di questo terzo volume, che affronta un tema difficile ed estremamente sensibile: quello della violenza contro i più deboli, in particolare donne e bambini.
Due gli artisti ospiti: l’autore e compositore Luca Swanz Andriolo e Nina Maroccolo, che ispirandosi al tema del disco ha scritto “Non possiedo nome eppure m’invadono tutti”. Un testo che viene recitato da Andriolo in alcuni punti dell’album, facendo scaturire una meditazione introspettiva e di rara impatto emotivo.
L’animale-simbolo scelto per questo terzo capitolo è la libellula, figura dal forte significato simbolico. Questo insetto leggiadro ed elegante, il cui habitat naturale è la palude, nella cultura occidentale è emblema di equilibrio, pace e libertà. Nata come larva nel fondo fangoso di uno stagno, la libellula riesce ad evaderne, trasformandosi in un animale alato in grado di elevarsi da terra. La libellula rappresenta dunque la trasformazione, la ricerca della verità e la transizione dall’infanzia all’età adulta.
La violenza si manifesta in vari modi: fisica, sessuale, psicologica, economica. Chi commette volontariamente atrocità verso chi non è in grado di difendersi è assimilabile a una larva intrappolata in un’oscurità profonda. Difficilmente riesce a fuggire da quell’abisso, a cambiare e spiccare il volo, talvolta non lo vuole neppure.
Il desiderio di vendetta delle vittime è comprensibile ma, come affermava il Mahatma Gandhi, “occhio per occhio, e tutto il mondo diventa cieco”.
Il nostro destino dovrebbe essere quello di Vedere: spesso però siamo imprigionati in noi stessi, stimolati a diventare quelle larve umane immerse nella palude che descrive il Volume III, bloccati come i corpi in fondo al mare narrati nel Volume II o come il solitario bue muschiato perso nella tormenta del Volume I. Questa prigionia, questa tentazione verso il buio e il negativo sono i tratti che legano i tre volumi pubblicati fin qui. Marok li mette in musica per trasformarli in un inno alla Vita, non più alla sua negazione.
La vita della libellula è caratterizzata da due stadi distinti, seppur connessi tra loro: quello di larva e quello di insetto alato. Ecco perché anche il Volume III è suddiviso in due parti (The Slash e Catene), come due movimenti di un’opera anticipati da una breve ouverture (Storia di Loletta, il cui video ha anticipato l’uscita del disco: https://youtu.be/tQLX_xSM8mY ).
Alone vol. III è una sorta di “piccola opera musicale moderna”, che vive e si sviluppa senza soluzione di continuità, come accade nella musica sinfonica e/o in quella elettronica di inizio ’900 o nel minimalismo degli anni ’70/’80.
Era lo strappo, la caduta sul duro pavimento, il primo calcio ricevuto, il dolore atroce, i capelli usati come si usa una corda per trascinare la bestia al macello, erano le bestemmie seguite dal rumore sordo della porta che sbatteva dietro le sue spalle per una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, diecimila volte! Era la tenebra della disperazione nella quale riecheggiava il rumore sordo di un primo pugno allo stomaco.
(Mirco Salvadori)
TRACKLIST
LATO A
Storia di Loletta (4’01”)
The Slash (20’59”)
Storia di Loletta (4’01”)
The Slash (20’59”)
LATO B
Catene (24’07”)
Catene (24’07”)
Tutte le composizioni sono di Gianni Maroccolo.
Testo recitato di Nina Maroccolo.
Testo recitato di Nina Maroccolo.
BIOGRAFIE
GIANNI MAROCCOLO
Nasce in Toscana nel 1960, trascorre l'infanzia in Sardegna e si stabilisce a Firenze nei primi anni Ottanta. Studia contrabbasso, musica elettronica e fonologia al Conservatorio e fonda i Litfiba con Piero Pelù, Ghigo Renzulli, Antonio Aiazzi e Ringo De Palma. Nel 1990, produce Epica, Etica, Etnica, Pathos, l'ultimo album dei CCCP. nel 1992, con Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Francesco Magnelli, fonda il Consorzio Suonatori Indipendenti (C.S.I.). Parallelamente, nasce il Consorzio Produttori Indipendenti. Nel 2001, i C.S.I. si evolvono nei PGR. Nel 2004, pubblica l'album solista “A.C.A.U. – La nostra meraviglia”, con i contributi di Battiato, Pelù, Raiz, Consoli, Donà, Jovanotti, Agnelli e altri. Si unisce ai Marlene Kuntz per due album e un tour. Partecipa a diversi progetti paralleli: sonorizzazioni (con i Masbedo, sopra tutti), il quintetto sperimentale Beautiful (con Howie B), un'etichetta indipendente d'arte (Al-kemi Lab). Con Claudio Rocchi compone e produce “vdb23”. L'album genera il tour “Nulla è andato perso”, documentato dall'omonimo triplo vinile (disco dell'anno 2017 per Classic Rock). Fa parte dei Deproducers, assieme a Vittorio Cosma, Max Casacci e Riccardo Sinigallia. Con loro realizza sonorizzazioni di conferenze scientifiche e colonne sonore. Nel corso della sua carriera si è dedicato anche a innumerevoli produzioni artistiche, ha composto numerose colonne sonore per cinema e teatro e ha svolto diverse attività didattiche. Il progetto più recente è “Alone”: un album “perpetuo” suddiviso in capitoli pubblicati con cadenza semestrale.
MIRCO SALVADORI
Mirco Salvadori nasce e vive a Venezia. È DJ e conduttore radiofonico indipendente dai primi '80 fino alla fine del primo decennio del 2000. Assieme a Massimo Caner crea lo storico programma radiofonico “Nocturnal Emission”. Critico musicale (area elettronica, di ricerca, raramente rock), collabora dal 1983 con il mensile Rockerilla, dove cura anche una pagina sul suono in modalità Creative Commons, scaricabile gratuitamente e legalmente. Scrive come freelance per web-zines musicali come Sherwood.it/Diserzioni, è co-owner e art-director delle etichette digitali indipendenti Laverna e Falerna. Libero scrittore, ha pubblicato racconti e articoli sul blog letterario collettivo Nazione Indiana e sulla rivista internazionale SUD. Nel 2016, pubblica la sua prima raccolta intitolata “Hazkarà” (13_Silentes) con l'apporto musicale di Gigi Masin e le fotografie di Stefano Gentile e Monica Testa. Un racconto scritto a quattro mani assieme a Francesco Forlani appare nella raccolta “Deaths in Venice” curata da Laura Liberale per Carteggi Letterari. In uscita con una nuova incursione letteraria in compagnia di Francesco Forlani all’interno del progetto poetico “Inside-me” ideato e curato da Laura Liberale
MARCO CAZZATO
Marco Cazzato nasce nel 1975. Vive e lavora a Torino. Collabora, negli anni, con La Stampa, Tuttolibri, Einaudi, Corriere della Sera, Il Sole 24Ore, GRRRz Comic Art Books, Slow Food, Penguin Random House, Linus, Sony, Baldini Castoldi Editore, ANIMAls Coniglio Editore, Torino Film Festival, Stresa Festival, Teatro Metastasio e molti altri. Nel 2010 esce per Grrrzetic Editore il suo libro Mood, un’antologia ragionata sugli stati d’animo. Nel 2016 il suo ultimo libro Album per GRRRz Comic Art Books. Tra le collaborazioni in ambito musicale ha realizzato le copertine dell’album “Canzoni per un figlio” dei Marlene Kuntz , di “C’eravamo abbastanza amati” di Luci della centrale elettrica e “Alone” di Gianni Maroccolo. Sempre per i Marlene Kuntz, ha curato il video “Il Partigiano” per la regia di Flavio Nani, mentre per Gianni Maroccolo ha curato insieme a Michele Bernardi il video in animazione de ” l’ Altrove”. Ha realizzato inoltre manifesti e curato l’immagine per molti eventi, tra i quali il Torino Film Festival 2011 e per La Traviata di Giuseppe Verdi e Tosca di Giacomo Puccini per la Stagione lirica di Spoleto 2012 e 2013, Guido Catalano Tour e molti altri. Best Illustrations European Newspaper Award 2014. Gold Medal ( editoria e periodici) Annual Autori di Immagini 2015.
ALESSANDRO NANNUCCI
Alessandro Nannucci, universalmente noto con il soprannome di Tozzo, nasce a Firenze l’otto febbraio dell’anno in cui l’Arno strabocca. Inizia a occuparsi di musica estrema nel 1982, lanciando la fanzine “Molten Metal”, che si occupa di Thrash Metal, Hardcore, Crossover, Punk. Questa avventura editoriale prosegue per due anni e pubblica sette numeri, diventando anche un programma radiofonico. Nel corso del tempo, si trasforma in una casa discografica ancora in vita a Londra, la seconda casa di Tozzo. Alla fine degli anni '80 lavora come roadie al seguito di artisti come Joe Cocker, Miles Davis, Andy Summers, Zucchero e altri. Nel 1991 inizia a lavorare per Contempo International, che abbandona dopo un paio d'anni per specializzarsi nelle ristampe in vinile di marchi come Get Back, ESP-Disk ed Earmark. Di quest'ultima etichetta (creata in joint veture con Sanctuary) rimane label manager fino alla fine. Parallelamente, si occupa anche di management. Dopo una parentesi di vita a Praga, rientra a Contempo circa cinque anni fa e fa ripartire la casa discografica assieme a Giampiero e Marco Barlotti. Il resto lo sapete.
Vespa, Bianchini, il TG, gli zombi e gli assaggiatori di libri
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 10:01#SocialCom19 la comunicazione al tempo dei social
Posted by Francesco Saverio Simone COMUNICAZIONE E NEW MEDIA 23:00di Francesco Simone
I social e l'informazione in rete possono diventare uno strumento di misura della qualità delle democrazie? Quanto e come il consumatore di informazione puo' difendersi dal fenomeno delle fake news?
#SocialCom19,la comunicazione al tempo dei social, un evento informativo che si è tenuto il 10 dicembre alla Camera dei Deputati, si è voluto cimentare, per questa edizione, nella disamina di questi ed altri temi sensibili che contraddistinguono il panorama del comunicare e dell'informare.
Si ripropone in questo caso un valore etico dell'informare, che deve riguardare anche le nuove figure che diffondono notizie, una su tutte quella dell'influencer, una figura quest'ultima che va richiamata ad una responsabilità verso il proprio bacino di utenti – consumatori, spesso non solo di notizie, ma anche per l'appunto di prodotti.
D'obbligo ribadire, quanto dichiarato durante il panel moderato dal giornalista Tullio Camiglieri dal titolo voluzione dei potenziali monopoli dell'informazionein cui Roberto Rustichelli – presidente Antitrust, e Antonio Catricalà – ex presidente Antitrust, hanno posto il focus su come e quanto l'utente del web ceda informazioni per diverso tempo, dati specifici raccolti e trattati, ceduti con troppa superficialità non leggendo quasi mai le finalità dei cookie. E qui il problema sottolineato riguarda soprattutto ma non solo, i Non nativi digitali.
Il principio per cui le grandi società hanno acquisito molto potere attraverso la profilazione sempre piu' in dettaglio dei dati personali, impone oggi una riflessione circa la necessità che queste società possano essere messe di fronte alle responsabilità di rispondere ed agire per un contrasto netto degli abusi in rete, quale può essere la diffusione non autorizzata di materiale discriminatorio, questo ha sottolineato Laura Boldrini – Pd; ma occorre, come sottolineato da Antonio Palmieri – FI, anche spingere verso una Personal social responsability, attraverso la quale anche l'utente agisca consapevolmente quando intende comunicare e mettere in comune attraverso i propri twit, post o altri materiali video, sottoponendo al pubblico dominio materiali che rimangono in rete per molto tempo.
Paola Pisano – Ministro per l'Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, ha esposto come oggi il consumo di informazione avviene in prevalenza in rete, rispetto alla drastica caduta dei consumi dell'informazione cartacea, ma si tratta per buona parte di una informazione senza filtri, in prevalenza non attendibile in quanto riferibile a fonti algoritmiche che memorizzano le ricerche di determinate notizie e ripropongono per l'utente quelle affini a tali ricerche, di fatto indirizzando l'utente al consumo solo di quella specifica notizia che secondo l'algoritmo risulterà di fatto, il tipo di notizia più ricercata.
A questo si aggiunga anche il basso livello di lettura in Italia e gli ultimi risultati statistici che hanno constatato quanto non si comprenda ciò che si legge e pertanto non c'è da stupirsi di come l'utente medio non riesca a comprendere la differenza tra un commento e una notizia.
Auspicabile sarebbe avere sistemi che permettano di andare verso una lettura consapevole, aiutare i più giovani, gli studenti, ormai plasmati progressivamente per essere abituati all'acquisto del determinato prodotto commerciale, ad avere possibilità per una scelta critica.
Educarli a riconoscere le fonti attendibili, educarli alle letture dei periodici e della stampa quotidiana, perchè possano avere strumenti per riconoscere il vero dal falso.
Per questo occorre che lo Stato definisca dei cardini nel rispetto del pluralismo, anche attraverso strumenti legislativi stabili, incentivando la realtà editoriale e facendosi moltiplicatore di sviluppo sociale anche per la piccola editoria. Una azione che vada verso la trasparenza degli algoritmi per una maggiore moltiplicazione delle conoscenze.
Utile risulterebbe allora, riguardare a quanto elaborato dalla prima commissione di esperti e parlamentari presieduta da Stefano Rodotà che nel 2014 produsse la Dichiarazione dei diritti di internet una sorta di carta del web, fortemente voluta dall'allora Presidente della Camera Laura Boldrini.
La carta del web, nella quale si evince il ripudio di ogni forma di odio, violenza e discriminazione, e con la quale si fissavano degli elementi chiave oggi più che mai attuali, quali la sicurezza e la tutela dei dati personali, il diritto all'anonimato ed all'identità, promossa in quel tempo nelle scuole proprio dagli stessi deputati, fu una forma di educazione civica digitale, oggi piu' che mai necessaria perchè ognuno possa “stare ai social ed alla rete secondo la propria misura”.
Una rosa blu
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 09:02di Gordiano Lupi
Regia: Stefano Simone. Origine: Italia. Durata: 20'. Musica: Luca Auriemma. Soggetto e Sceneggiatura: Sabrina Gonzatto. Distribuzione: X-Movie Internazional (Amazon Prime Video). Interpreti: Veronica Cataraga, Davide Frea, Giulio Fraglia.
Stefano Simone è un regista pugliese che conosco da tempo, ho potuto apprezzare l’intera produzione sia di video clip che di lungometraggi, collaborando con lui per alcuni progetti legati al cinema noir (Gli scacchi della vita, Cattive storie di provincia …) e due documentari letterari (Il cielo sopra Piombino, Litania su Piombino). In questa sede analizziamo un breve video girato a Torino che potrete trovare in distribuzione su Amazon Prime Video, in Italia e Stati Uniti, grazie a X-Movie Internazional. Stefano Simone ama occuparsi di problemi sociali, dalla piaga del bullismo (Fuoco e fumo, 2017) al degrado provinciale, passando per il disagio giovanile, il divorzio e la bigenitorialità (L’accordo, 2018). Una rosa blu parla di pedofilia e di rapporti amorosi estorti ma anche del ruolo che scuola e società possono giocare nella normalizzazione di situazioni pericolose. La storia vede protagonista una ragazzina che frequenta un istituto tecnico, figlia unica di una madre che da un po’ di tempo vede un nuovo compagno, purtroppo interessato anche a lei in modo malsano. Un preside che sa ascoltare e un vero amore da parte di un coetaneo faranno il miracolo di far venire alla luce il problema e di affrontare alla radice quel che non va nel cuore della ragazzina.
Stefano Simone gira un corto molto teatrale, quasi tutto ambientato in interni, gestendo bene campi e controcampi, alternando brevi quanto riuscite sequenze di esterni che immortalano Torino, tra angoli periferici, parchi cittadini e montagne innevate che fanno da cornice. Gli attori sono tutti non professionisti, quindi si perdonano alcune incertezze e una recitazione troppo impostata, ma il regista è bravo a gestire i lunghi dialoghi e un argomento complesso. Notevole il simbolo della rosa blu tatuata, importante per la ragazzina, ma che finisce per ricordare soltanto un’esperienza negativa. La forza del breve filmato sta nelle scene girate in esterno, rapide e concitate, in una fotografia livida e spettrale, nei brevi flash che immortalano gesti dei protagonisti e in una macchina da presa che non si lascia mai andare a movimenti banali e riprese scontate. Il film ha scopi didattici, ma è un lavoro educativo - morale capace di raccontare una storia d’amore toccante e un riscatto consapevole da una situazione di vita disperata. Ottimo il sottofinale con i personaggi che si alternano sulla scena mentre una visione di Torino dall’alto simboleggia speranza e fiducia nel futuro. L’amore trionfa, la ragazzina prende coscienza di sé, abbandona il nero per colori sgargianti, non ha paura di osare e di vivere una vera storia d’amore. Scritto da Sabrina Gonzatto. Consigliata la visione ai giovani.
Filo
Posted by Francesco Saverio Simone LOGICHE EMOTIVE 23:00Ho smesso di credere al destino quando ho fatto pace con i miei errori. Ho capito che stare a guardare la mia vita non aveva più senso. Il destino siamo noi, il destino lo creiamo noi. Basta inventare scuse e aspettare che le cose accadano se devono accadere. Tocca a noi farle accadere, tocca a noi prendere decisioni, con il rischio di sbagliare o con il rischio di essere felici.
Ess_Illustrator
Il Natale dello Scrittore Sfigato
Posted by Francesco Saverio Simone Fumetto, malvaldi, scrittore, sfigato, wu ming 09:07FARNESINA DIGITAL ART EXPERIENCE
Posted by Francesco Saverio Simone arte, CULTURE COMUNICATE 02:10FARNESINA DIGITAL ART EXPERIENCE
14 DICEMBRE 2019 - ROMA
I quattordici migliori studi italiani di Arte Digitale, per la prima volta insieme, ridisegnano la facciata del palazzo del Ministero degli Esteri; uno spettacolo di videomapping senza precedenti che farà poi tappa in sei città nel mondo.
“Farnesina Digital Art Experience” si presenta come uno spettacolo senza precedenti, che apre la strada ad un nuovo percorso di valorizzazione e internazionalizzazione dell’Arte Digitale italiana nel mondo: i quattordici più importanti studi italiani di Arte Digitale si occuperanno di ridisegnare la
facciata del palazzo del Ministero degli Esteri.
facciata del palazzo del Ministero degli Esteri.
Sabato 14 dicembre – a partire dalle 19:00 – le opere esclusive di Antaless Visual Design, Antica Proietteria, Apparati Effimeri, FLxER, Kanaka Studio, Luca Agnani Studio, Michele Pusceddu, MONOGRID, Mou Factory, Creative Farm, Ooop Studio, Pixel Shapes, The Fake Factory e
WÖA, daranno nuovo lustro a uno dei più imponenti edifici del nostro paese.
La proiezione – mai realizzata prima – consentirà di celebrare con una modalità dinamica e contemporanea l’architettura del Palazzo, anche in occasione del ventesimo anniversario della fondazione della Collezione di arte contemporanea italiana alla Farnesina.
WÖA, daranno nuovo lustro a uno dei più imponenti edifici del nostro paese.
La proiezione – mai realizzata prima – consentirà di celebrare con una modalità dinamica e contemporanea l’architettura del Palazzo, anche in occasione del ventesimo anniversario della fondazione della Collezione di arte contemporanea italiana alla Farnesina.
L’iniziativa è promossa dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con Bright Festival, realtà fiorentina che promuove la creatività digitale attraverso installazioni interattive, esperienze immersive e spettacoli multimedia realizzati dai principali artisti e studi di progettazione italiani che operano nel settore visual, lighting & interaction design, ed è inserità all’interno della programmazione di Videocittà. “Un evento importante che permette a Bright Festival di proseguire il suo percorso di valorizzazione della creatività digitale italiana” – spiega Claudio Cacciolli, project manager di Bright Festival – “La mappatura degli studi è avvenuta tramite ricerche seguite da esperti del settore. L'obiettivo per il futuro è ampliare il numero di realtà coinvolte creando un quadro completo e sempre più aggiornato della proposta artistica del nostro paese”.
La notte di Roma sarà unica, ma lo spettacolo farà poi tappa in versione ridotta, tra il 2020 e il 2021, in altre sei città nel mondo, all’interno di una mostra collettiva itinerante di arte digitale organizzata dagli Istituti Italiani di Cultura. Un progetto che nasce con l’obiettivo di valorizzare all’estero artisti
italiani contemporanei e reso possibile grazie al lavoro del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nell’ambito del piano di promozione integrata “vivere ALL’italiana”.
Una giuria di qualità assegnerà tre menzioni speciali per i lavori di videomapping che si saranno distinti maggiormente per ideazione e realizzazione, e gli artisti saranno invitati come ospiti d’onore al Bright Festival 2020. Il Ministero realizzerà una video-installazione, composta dal modellino
in scala del palazzo su cui saranno proiettati i videomapping; tale realizzazione sarà parte della mostra itinerante e sarà poi acquisita alla Collezione Farnesina.
italiani contemporanei e reso possibile grazie al lavoro del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nell’ambito del piano di promozione integrata “vivere ALL’italiana”.
Una giuria di qualità assegnerà tre menzioni speciali per i lavori di videomapping che si saranno distinti maggiormente per ideazione e realizzazione, e gli artisti saranno invitati come ospiti d’onore al Bright Festival 2020. Il Ministero realizzerà una video-installazione, composta dal modellino
in scala del palazzo su cui saranno proiettati i videomapping; tale realizzazione sarà parte della mostra itinerante e sarà poi acquisita alla Collezione Farnesina.
contatti:
Ufficio stampa:
Daccapo Comunicazione
LA FORESTA E LA LUCE. DUE ARTISTI ALL’HANGAR BICOCCA
Posted by Francesco Saverio Simone arte, COMUNICAZIONE E NEW MEDIA 04:33LA FORESTA E LA LUCE. DUE ARTISTI ALL’HANGAR BICOCCA
Il quartiere Bicocca si trova alla periferia nord est di Milano e, nessuno oggi lo immaginerebbe, era un luogo di villeggiatura. Infatti il nome Bicocca deriva da una villa di delizia, fatta costruire nel XV secolo dalla nobile famiglia Arcimboldi. Tutta questa zona mutò radicalmente a partire da fine ‘800, quando fu sede di grandi insediamenti industriali che si estesero al vicino comune di Sesto San Giovanni. Nel quartiere aprirono fabbriche storiche industrie come Breda, Pirelli, Falck, Marelli. La Bredaproduceva carrozze e locomotive ferroviarie, macchine agricole e anche strumenti bellici, come cannoni e proiettili. Lo stabilimento, chiamato Hangar Bicocca, venne a costituirsi come un insieme di tre principali corpi di fabbrica: un primo edificio, chiamato Shed, in mattoni, non molto alto, con grandi lucernari; la parte centrale, un enorme capannone, si compone di tre Navate; infine, un edificio molto alto, di forma quadrangolare, con soffitto a botte, chiamato Cubo. Negli anni ’80 la Breda, che in seguito cessò di esistere, cedette l’Hangar al Gruppo Ansaldo. In quegli anni, tutto il quartiere fu soggetto a un progressivo processo di dismissione delle aree industriali storiche, mentre sorsero edifici universitari, centri direzionali, residenze private e il Teatro degli Arcimboldi. L’Hangar fu poi acquistato dal gruppo Pirelli, che decise di trasformarlo in spazio espositivo. Nel 2004 fu commissionata all’artista tedesco Anselm Kiefer, una colossale opera, “I Sette Palazzi Celesti”, che ora occupa stabilmente una delle Navate. Davanti all’entrata, che ora avviene da via Chiese, dalla parte dello Shed, fu posta un’altra scultura monumentale di Fausto Melotti, “La Sequenza”. Gli altri spazi ospitano mostre di arte contemporanea, dedicate ad artisti spesso da noi poco conosciuti, riservando l’ambiente, più ridotto, dello Shed a giovani con un processo creativo ancora in corso e le Navate e il Cubo ad artisti già affermati a cui si offre la possibilità di misurarsi con ambienti che, forse, non hanno eguali per dimensioni e potenzialità ma che per questo richiedono progetti espositivi di grande forza.
Attualmente, allo Shed, la mostra dello spagnolo Daniel Steegman Mangrané (Barcellona, 1977, da anni vive a Rio de Janeiro) si intitola:”A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand”. Questo titolo (“un animale a forma di foglia disegna la mano”), così come quello delle 21 opere, è suggestivo, poetico. Riflette alcuni elementi tipici del lavoro di Mangrané: gli animali, in particolare gli insetti, e la vegetazione, quella della foresta brasiliana come agenti del rapporto dell’uomo con l’ambiente. La mano, il disegno come strumento di ricerca, di indagine sulle forme, sul colore, per progettare opere. Mangrané, che ha anche una formazione di studi di biologia, si è trasferito in Brasile, affascinato dalla foresta tropicale come universo in cui cercare un nuovo rapporto uomo/natura, e anche dal lavoro e dalle idee di alcuni grandi artisti locali come Lygia Clark e Hélio Oiticica, che diedero vita, tra fine anni ’50 e inizio ’60, a un movimento chiamato “Neo Concretismo” che, partendo dalle teorie di Mondrian, Van Doesburg e altri di un’arte astratta, che rifiutava la rappresentazione del reale e creava un universo razionale di forme e colori, riteneva che l’arte dovesse, come diceva Rimbaud, cambiare la vita, e, per fare questo, il corpo dello spettatore doveva porsi in rapporto con l’opera, con la ragione ma soprattutto con i sensi, attraversarla, viverla. Da alcuni antropologi radicali brasiliani Mangranéha derivato l’idea di un universo in cui uomo e natura sono un insieme di relazioni, dove non esiste una soggettività definita perché è lo sguardo a creare incessantemente la realtà, non ci sono più opere e osservatori ma solo azioni dinamiche di mutua trasformazione. Queste idee sono rafforzate dalle teorie dell’Arte Processuale, nate negli anni ’60, secondo cui non è importante l’opera finita ma il percorso, che può essere infinito, della ricerca creativa. La mostra in Hangar Bicocca, quindi, si presenta come un unicum, l’esito provvisorio di un viaggio in divenire. Il simbolo di questo viaggio è un insetto, il “Fasmide” o “Insetto stecco”, che appartiene a quella categoria di insetti che si mimetizzano nell’ambiente, assumendo la forma di un ramo o di una foglia. Questo insetto viene assunto da Mangrané come segno della connessione tra mondo animale e vegetale e appare in diverse rappresentazioni: film, ologrammi e, infine, dal vivo, in una struttura in vetro ondulata che contiene vegetazione della foresta e insetti che si mimetizzano e ci sfidano a riconoscerli. Mangrané usa diversi strumenti espressivi: dalla cinepresa a 16 millimetri che ci porta dentro la Mata Atlantica, foresta ricchissima di biodiversità, che si estende tra Brasilee Paraguay; al disegno, per indagare le infinite combinazioni di forma e colore; all’ambiente abitabile, rivestito da pellicola arancione, che mette in discussione la nostra percezione della luce; al tavolo, su cui ha disposto elementi organici e no, che potrebbero suggerire nuove opere (ancora l’arte come processo); al suono, una musica che si diffonde nell’ambiente, realizzata da una flautista che ha improvvisato sul forte rumore registrato in una piattaforma petrolifera, che le impediva di sentire il suono che stava creando. Gli ambienti dello Shed sono stati modificati aprendo tutte le finestre e i lucernari per permettere l’ingresso della luce naturale e disponendo pannelli sinuosi di un tessuto semi trasparente che serve a rendere le forme dei visitatori evanescenti, quasi fantasmatiche, come il nome scientifico dell’insetto stecco: fasmide. Tra tutte le opere, i cui titoli derivano anche dai versi di una poetessa brasiliana, una sola riporta una rappresentazione umana: l’ologramma di una mano con foglie, che sembra suggerire, ancora, la relazione tra uomo e natura.
Al termine dello Shed, attraversando una tenda si entra nelle Navate, spazio enorme, altissimo, privo di luce naturale, con pareti e soffitto neri. Cerith Wyn Evans (Galles, 1958) ci accoglie con sette colonne di materiale traslucido che, dal soffitto, giungono a sfiorare il pavimento (contraddicendo così la propria funzione: non reggono ma sono rette). Le colonne contengono un impianto a led che le fa illuminare di una luce sempre più forte, con sequenze regolate da un programma che fa sì che il processo sia in continuo divenire: mentre alcune si spengono, rivelando, attraverso la trasparenza, la propria struttura interna, altre si illuminano e, solo raramente, sono accese tutte insieme. Già in questa prima opera Evans ci presenta l’elemento che caratterizzerà tutta la mostra: la luce, la sua sequenza, il suo viaggio, il suo rapporto con lo spazio e il tempo. Anche la sua apparenza, perché, nello sviluppo storico e tecnologico, si è passati dall’illuminazione a petrolio e gas alle lampade ad incandescenza, al neon, al led. Il risultato è una luce sempre più fredda, che connota quindi diversamente ciò che rivela. Lo vediamo anche nella illuminazione pubblica, di strade e monumenti, che perde sempre più quei toni caldi a cui eravamo abituati e che tanto amavamo. La mostra si intitola “…the Illuminating Gas” e fa riferimento a un artista che è centrale per l’ispirazione di Evans: Marcel Duchamp, colui che ha cambiato per sempre l’idea di arte. La sua ultima opera, a cui lavorò nascostamente per due decenni, e che venne mostrata dopo la sua morte, si intitola “Etant donnés: 1° la chute d’eau/ 2° le gaz d’éclairage” (in inglese gaz d’eclairage si traduce appunto illuminating Gas). Si tratta di una composizione, conservata al Philadelphia Museum of Art, in cui, attraverso due fori in una porta chiusa, si vede una donna nuda che regge una lampada, con alle spalle un paesaggio. Senza entrare nella complessità di interpretazione dell’opera, la luce vi gioca un ruolo fondamentale, sia simbolicamente che come rivelazione. L’opera di Duchamp è un passaggio importante di una ricerca sulla luce che ha caratterizzato tutta la storia dell’arte. Leon Battista Alberti, nel trattato “Della pittura” scriveva: “Esprimiamo così l’essenza della pittura quando diciamo che essa è fatta di queste tre cose: circoscrizione, composizione e ricezione della luce”. Con questo tema si sono confrontati tutti gli artisti, dai primitivi ai moderni, pittori ma anche scultori, basti pensare alla “Transverberazione di Santa Teresa” del Bernini, dove la statua della Santa in estasi viene investita da solidi raggi di luce dorata (in fondo ci sono rapporti con l’opera di Duchamp, che voleva che la luce della lampada illuminasse il sesso della donna). Un passaggio sostanziale, comunque, avviene quando, ancora con Duchamp, gli oggetti della vita quotidiana vengono inseriti nell’opera, a partire dalla ruota di bicicletta. A questo punto, e in seguito allo sviluppo industriale, la luce può entrare nell’opera non più come creazione dell’artista ma nella concretezza degli strumenti che la producono: lampadine, neon, laser. Il primo a usare il neon come strumento per fare arte è stato Lucio Fontana, e basta dare un’occhiata da piazza Duomo, in alto, all’ultimo piano del Museo del Novecento, per vedere una sua installazione luminosa del primo dopoguerra che formalmente non differisce molto dai lavori di Evans in Hangar Bicocca. Altri artisti che hanno utilizzato le luci al neon sono Dan Flavin, Mario Merz, Maurizio Nannucci, Joseph Kosuth, Bruce Nauman. Ricordo anche le scritte al led di Jenny Holzer. Cerith Wyn Evans, che aveva iniziato col cosiddetto cinema strutturale, caratterizzato dalla non narratività, e con la musica concreta, ha mantenuto l’idea che l’arte debba investire il fruitore, coinvolgerlo sensorialmente ma anche razionalmente, attraverso la spettacolarità delle opere ma anche gli infiniti rimandi culturali che esse contengono. Così nello spazio monumentale delle Navate ha creato un poema della luce, attraverso l’uso di grandi installazioni al neon. La forma di questi agglomerati di luce richiama i movimenti del teatro Noh giapponese. Un’opera, “Radiant Fold (… the illuminating gas”) è la citazione letterale di un particolare del lavoro di Duchamp detto “Il grandevetro”, e sempre da Duchamp deriva la forma dell’intelaiatura che sostiene trentasette flauti di vetro che, attraversati dall’aria dell’ambiente, creano un suono che ricorda la cadenza del respiro e che invade tutte le Navate, invitando a un percorso meditativo. L’altra grande installazione al neon che domina l’ambiente proviene direttamente dalla Tate Britain di Londra. Si chiama “Forms in Space… by Light (in Time)”. Il titolo riassume tutti gli elementi che caratterizzano il suo lavoro (Forme, Spazio, Luce, Tempo). Evans ha disegnato il percorso di questi chilometri di tubi di luci al neon ricavando suggestioni da lavori di Duchamp, ancora dai movimenti del teatro Noh e da altre immagini, compresa la rappresentazione della molecola del LSD. Il percorso porta ad attraversare le Navate e a dirigersi verso lo spazio finale, il Cubo. Avvicinandosi, il suono rilassante dei flauti viene sopraffatto da rumori di musica concreta che provengono da una “colonna di suono” formata da una semplice base circolare che trasmette verso l’alto, mentre nel Cubo lo spazio, invaso dalla luce naturale che viene dal soffitto, risulta caotico, in antitesi con quello precedente. Ancora installazioni luminose, compreso una specie di “Mobile” alla Calder fatto con altoparlanti e specchi che offrono esperienze sonore e visive sempre diverse a chi lo percorra. Una grande scritta al neon descrive l’evoluzione di un’eclisse che attraversa diverse aree geografiche, mentre un’installazione con piante, di cui due ruotano lentamente, variando così di continuo la loro posizione e contraddicendo il titolo di “Still Life”, rimandano a un altro artista che ha molto influenzato Evans, il belga Marcel Broodthaers. Per vedere l’ultima opera della grande mostra, che è anche la meno recente, occorre uscire e percorrere tutto il perimetro delle Navate per raggiungere la parte esterna posteriore. Una piccola scritta al neon: la parola exit rovesciata davanti a una porta di ingresso chiusa. In realtà, attraversandola, si entrerebbe e quindi, ancora una volta, l’artista vuole spiazzare, mettere in discussione la percezione. Prima di abbandonare la mostra è indispensabile accedere alla terza navata, che fiancheggia quelle che ospitano i lavori di Evans, e vedere la stupenda installazione delle “Sette Torri Celesti” di Anselm Kiefer, considerando il loro dialogo con le sette colonne di luce dell’artista gallese. “La distanza è luce, lo spazio di tempo in cui tu penserai che non ci sono frontiere. Così, noi siamo la distanza” (Edmond Jabès).
SAURO SASSI
Daniel Steegmann Mangrané: “A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand Fino al 19 Gennaio 2020
Cerith Wyn Evans “… the Illuminating Gas”
Fino al 23 Febbraio 2020
PIRELLI HANGAR BICOCCA Via Chiese 2 Milano
Da giovedì a Domenica dalle 10 alle 22 – da lunedì a mercoledì chiuso
Ingesso libero
Per arrivare: dalla stazione centrale bus 87 in direzione Sesto San Giovanni. Scendere alla fermata via Chiese Hangar Bicocca
Col Metro: Linea Gialla fino a Zara e poi Linea Lillà fino a Ponale. Poi a piedi, trecento metri o due fermate di bus da via Chiese
Etichette
.
(1)
19 luglio 1992
(1)
1982
(1)
25 aprile
(1)
5 stelle
(1)
7 gennaio
(1)
72 vergini
(1)
a tempo determinato
(1)
accidia
(1)
acquaalta
(1)
Adinolfi
(1)
adolescenza
(1)
alamar
(1)
Alejandro Torreguitart
(1)
Alessia Marcuzzi
(1)
alimentazione
(2)
Alitalia
(1)
Alzheimer
(1)
ambiente
(1)
America
(3)
Amleto
(1)
Andrea Cedola
(1)
Angeli
(1)
anteprima
(1)
Antonio Morinelli
(1)
armi
(1)
arte
(35)
ascolto
(2)
Assurdità
(1)
Attacco
(1)
Attentato
(2)
Attualità
(4)
azioni concrete
(1)
Bambini
(3)
Bandito
(1)
benessere
(2)
Beppe
(1)
Berlusconi
(1)
Bersani
(1)
bioarchitettura
(3)
bona
(1)
Borsellino
(1)
Brexit
(1)
Bruxelles
(1)
Bufala
(1)
Buio
(1)
Buongiorno
(1)
Caduti
(1)
cannabis
(1)
Capaci
(1)
Capodanno
(1)
Cartoon
(1)
CASALLEGRA
(141)
cessa
(1)
Charlie Hebdo
(1)
Chips
(1)
Cibo
(2)
Cicorivolta
(1)
cinema
(5)
clary
(4)
Cocktail
(1)
colpe
(1)
coming soon
(1)
commedia
(1)
Commemorazione
(2)
Compleanno
(1)
COMUNICATI
(240)
comunicazione
(9)
comunicazione aziendale
(12)
comunicazione e azienda
(4)
COMUNICAZIONE E NEW MEDIA
(296)
comunismo
(1)
concerto
(1)
connessione
(1)
Conquiste
(1)
Convegno
(3)
coppiescoppiate
(1)
Corsi
(140)
Corso di Satira
(1)
cose
(1)
CREDICI
(2)
criminalità
(1)
Crisi
(2)
critica letteraria
(1)
cuba
(2)
Cucchi
(1)
culona
(1)
cultura e società
(28)
CULTURA E SOCIETA'
(702)
CULTURE COMUNICATE
(158)
Cuperlo
(1)
DELIRI ALIMENTARI
(26)
Di Maio
(1)
Dia
(1)
Dialogo
(1)
dieta
(1)
digiuno
(1)
Diritti
(8)
diritto
(1)
Disneyworld
(1)
divulgazione
(2)
divulgazione scientifica
(2)
Docenze
(1)
Dolomiti
(1)
Domande
(1)
Domenica 17
(1)
Donna. Europa
(1)
Donne
(2)
due anime
(1)
EARS WIDE SHUT
(310)
ecologia
(1)
ECONOMIE ECOLOGICHE
(203)
editoria
(8)
Edizioni
(1)
elezioni
(3)
Enzo Falcone
(1)
errori
(1)
Esito
(1)
Esodo
(1)
espressione
(2)
etnologia
(1)
Europa
(1)
Expo
(1)
Expo 2015
(1)
fabbisogno
(1)
Falcone e Borsellino
(2)
Fame
(1)
farabutto
(1)
Farsa
(2)
Fatto 30
(1)
ferie
(1)
Festa della Liberazione
(1)
festival
(4)
Filosofia
(2)
flop
(1)
Foglio
(1)
Fondazione Stava
(1)
food&science
(1)
Forma dell'edificio
(5)
Frammenti di vita raminga
(1)
Francesca Fialdini
(1)
Franco Trequadrini
(1)
Frasi
(1)
Fuck
(1)
fulminata
(1)
fulminate. Marcel Proust
(1)
Fumetto
(2)
FUORI TUTTI
(66)
G20
(1)
giancane
(4)
giovani e lavoro
(5)
Giovanni Verga
(1)
Gocce di inchiostro
(1)
Gordiano
(1)
governo
(1)
Gran Bretagna
(1)
grande
(1)
GUARDARE A ORIENTE
(120)
guerra
(1)
Harakiri
(1)
HARD WRITING
(17)
Iannozzi
(1)
ideali
(1)
IL CANNOCCHIALE
(295)
IL FATTO
(197)
immigrati
(1)
Immigrazione
(1)
impalcatura
(1)
IN4LATI
(256)
incapace
(1)
Incipit
(1)
Inciucio
(1)
INCOMUNICABILITA
(2)
INCOMUNICABILITA'
(2)
Informazione
(1)
inglesi
(1)
INSTABILI EQUILIBRI
(179)
instagram
(1)
Integralismo
(1)
INTERFIABA
(78)
Internet
(1)
Intolleranza
(1)
Isis
(2)
Isolamento
(1)
Italia
(4)
italiani
(1)
jacovino
(92)
Kamikaze
(1)
L'ala delirante
(1)
l'odore del vento
(73)
l'opinione
(271)
LA LINGUA DEGLI ALTRI
(12)
LA TERZA STANZA
(266)
Lavoro
(6)
Leccaculo
(1)
Lega
(1)
Leghisti
(1)
Letterario
(2)
letteratura
(12)
Lezioni
(2)
Libertà
(1)
Libertà di stampa
(1)
LIBRI
(35)
libri a portata di mouse
(196)
Libro
(4)
Licenziamenti
(2)
liquidazione
(1)
LOGICHE EMOTIVE
(15)
Londra
(1)
Luce
(1)
Luciana Littizzetto
(1)
Lucianina littizzetto
(1)
Lupi
(1)
MacDonald's
(1)
Mafia
(3)
Mala e Media
(3)
Malaffare
(2)
malvaldi
(1)
manchester
(1)
Manifestazione
(1)
Marcel Proust
(1)
marketing
(17)
Maschera
(1)
Maya
(2)
Me gusta il reggaeton
(1)
metabolica
(1)
metabolismo
(1)
Microspie
(1)
MISE EN SCENE
(9)
misoginia
(1)
missili intelligenti
(1)
MONDO SCUOLA
(149)
Morire
(1)
Morte
(1)
Morte nasona
(2)
Morti innocenti
(1)
mose
(1)
movimento
(1)
Muri
(1)
musica
(1)
No alla violenza
(2)
nutrizione
(1)
Obama
(1)
obesità
(1)
OCCHIO IN CAMERA
(358)
offerta sky
(1)
opportunità
(1)
orario insegnanti 24 ore
(1)
Orlando
(1)
Ottimismo
(1)
Padroni
(1)
pagliuzza
(1)
Papa
(1)
Paperissima
(1)
Paradiso
(1)
Parigi
(1)
PARLA COME MANGI
(1)
parlacomemangi
(1)
Parole
(2)
Partigiani
(1)
Pasqua
(1)
password
(1)
PD
(1)
Perdono
(1)
pesca pescespada
(1)
pessimismo
(1)
piattaforma Rousseau
(1)
Picio
(1)
Pietro Vanessi
(7)
pietrovanessi
(7)
pigrizia
(1)
Piperno
(1)
Pirandello
(1)
poesia
(6)
porta a porta
(1)
positivi
(1)
praticabile
(40)
PRATICANDO
(24)
profezia
(2)
PV
(69)
REDAZIONE
(14)
Referendum
(3)
relazione
(1)
Religione
(1)
Renzi
(5)
Retorica
(1)
Ridere
(1)
Riflettere
(1)
Ripresa economica
(1)
Risposte
(3)
Risultati
(1)
Rizzoli
(1)
Roma
(3)
romanzi giovanili verghiani
(1)
Rottura
(1)
Ruspe
(1)
Salvini
(1)
sano
(1)
Satikra
(1)
Satira
(47)
Satira. Cucina. Menù
(1)
scienza
(2)
scrittore
(2)
scrittrice
(1)
scrittura professionale
(4)
scuse
(1)
Sentenza
(1)
separazione
(1)
Sesso
(1)
Sessualità
(1)
sfiga
(1)
sfigato
(5)
sgarro
(1)
Sinistra
(2)
Siria
(1)
social
(2)
Società
(1)
SOCIETA'
(1)
SOCIETA' E COSTUME
(69)
SOCIETA' E COSTUME "L'odore del vento"
(8)
Sogni
(2)
sostenibilità
(3)
spazio fisico
(12)
spazio mentale
(12)
spazio virtuale
(12)
Specchio
(1)
Speranza
(1)
spinello
(1)
Spionaggio
(1)
Spiraglio
(1)
Stava
(1)
strage
(3)
Stragi
(1)
suicidio
(1)
Super Cattivi
(1)
teatro
(2)
Technical writing
(5)
Tecnologia
(2)
teledipendenza
(1)
Televisione
(1)
Tempo
(1)
terremoto
(1)
Terrorismo
(3)
Terza guerra mondiale
(2)
Terzo mondo
(2)
Tito Rossini
(1)
tomba
(1)
trave
(1)
Tremiti
(1)
trend
(1)
Trivelle
(6)
Trump
(9)
twitter
(1)
ufficio stampa
(8)
Umorismo
(1)
Uova
(1)
urbanistica
(1)
urbanistica partecipata
(1)
Usb
(1)
val di Fiemme
(1)
Vanessi
(5)
Vecchiaia
(1)
veline
(1)
venezia
(1)
vespa
(1)
Veto
(1)
vignetta
(3)
violenza psicologica
(1)
VOCE AI LUOGHI
(1)
VOCI DI LIBECCIO
(246)
VOCI MIGRANTI
(25)
Voltaire
(1)
Vota Sì
(1)
wu ming
(1)
Yoani Sanchez
(1)
Zen
(2)
Zingaretti
(1)
L'OPINIONE