Benigni, tra cinema e televisione
Posted by Francesco Saverio Simone OCCHIO IN CAMERA 04:56di Gordiano Lupi
Roberto Benigni è un nostro vanto, una gloria artistica nazionale, un attore così unico che se Woody Allen viene a Roma per girare un (modesto) film pensa prima di tutto a lui come possibile interprete italiano. Benigni è un regista - attore che ha vinto un Premio Oscar per un film delicato e tragico come La vita è bella. Nonostante tutto leggo in rete e sulla stampa giudizi sferzanti sulla sua ultima interpretazione: I Dieci Comandamenti. Davide Guadagni, un giornalista de Il Tirreno che firma scadenti elzeviri in prima pagina come se fosse Gramellini, dice che il pubblico ama quel che Benigni è stato, facendo capire che non apprezza il nuovo corso. Altri - che non è il caso di citare - aggiungono che Benigni ha riscosso tanti soldi dalla Rai per fare un lavoro che la Chiesa svolge da anni, in parrocchia, gratuitamente.
A nostro modo di vedere Benigni non ha perso lo smalto dei tempi migliori, perché reggere tre ore di spettacolo (in due puntate), da solo, tenendo incollati al video gli spettatori parlando di Dio, amore, regole da rispettare, leggi eterne, non è per niente facile. Benigni è un grande attore che ha subito una logica evoluzione, come ogni persona, come ogni artista. Non poteva continuare a impersonare il Cioni Mario di Tele Vacca, né la sua controfigura autobiografica di Berlinguer ti voglio bene, e neanche il comico strampalato di Tu mi turbi. Benigni non poteva limitarsi a fare il guastatore televisivo con irruzioni incontrollabili ai danni di Pippo Baudo e Raffaella Carrà. I tempi cambiano, un autore matura e affronta altri temi, cosa che per Benigni accade da anni, almeno da La vita è bella e Pinocchio. Pure Diego Abatantuono non ha fatto il terrunciello per tutta la vita ma ha deciso di cambiare registro e di passare alla commedia impegnata. Benigni non poteva continuare con la gag del critico cinematografico surreale inventata da Arbore per L'altra domenica e con il personaggio dello sceicco beige (ironizzando su Fellini) de Il papocchio. Tutti lavori che non vanno rinnegati, si badi bene, e che hanno reso grande il comico toscano, ma oggi è il momento di celebrarlo come fine esegeta di Divina Commedia, Costituzione e Dieci Comandamenti. Se non ci fermiamo in superficie, ci rendiamo conto che Benigni non è in contraddizione con se stesso, perché la poetica dell'amore contraddistingue la sua opera fin dagli esordi. Certo, quello del Cioni Mario e di Berlinguer ti voglio bene era un amore fisico, carnale, un vero e proprio desiderio corporale. Oggi, il Benigni maturo, attore e regista di successo, cerca soprattutto l'amore spirituale. Un interprete cambia con il tempo, come è accaduto a Totò e persino a Franchi & Ingrassia, che sono passati dalla farsa pura a interpretare opere di Pasolini e Taviani. Un critico attento deve valorizzare l'intero corpus di un autore - interprete, invece di restare ancorato ai ricordi del passato. Benigni non ha perso la verve d'un tempo, anche nei Dieci Comandamenti - di tanto in tanto - ha citato vecchie emozioni giovanili, consapevole che come attore deve guardare avanti per affrontare nuove sfide. A nostro parere, con i Dieci Comandamenti Benigni compie un passo avanti nella sua produzione artistica e tocca le giuste corde per unire in un solo abbraccio laici e credenti. Uno spettacolo che parla di argomenti scomodi, intenso e commovente, che riporta la televisione ai tempi in cui faceva cultura. Grazie di esistere, Benigni.
Napoli come Gomorra
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 05:56
di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
Alessandro Angeli (1972) non è un esordiente. Ce ne rendiamo conto dopo poche pagine, dalla ricerca linguistica, dallo stile, dalle ambientazioni degradate e dai caratteri dei personaggi, immersi nel sottomondo napoletano, governato da malavita e piccoli boss di quartiere. Angeli è un romano che vive in Maremma, nella - per me -vicina Grosseto, patria di Bianciardi, uno dei più grandi scrittori del Novecento. Pubblica dal 2008, romanzi e racconti: Maginot, La lingua dei fossi, Ragazzo fiume, I ragni in testa, Mare di vetro, Storia d’amore e d’anarchia di Antonio Gamberi, Transmission, vita morte e visioni di Ian Curtis, Joy Division. Meriterebbe un editore medio grande, perché la sua scrittura matura andrebbe valorizzata, se ancora esistessero gli editori - talent scout (ma tanto ci sono i talent televisivi, no?), anche se i suoi ultimi lavori sono usciti per Stampa Alternativa del mitico Marcello Baraghini, grande editore da un punto di vista morale, senza essere un editore grande.
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Alessandro Angeli (1972) non è un esordiente. Ce ne rendiamo conto dopo poche pagine, dalla ricerca linguistica, dallo stile, dalle ambientazioni degradate e dai caratteri dei personaggi, immersi nel sottomondo napoletano, governato da malavita e piccoli boss di quartiere. Angeli è un romano che vive in Maremma, nella - per me -vicina Grosseto, patria di Bianciardi, uno dei più grandi scrittori del Novecento. Pubblica dal 2008, romanzi e racconti: Maginot, La lingua dei fossi, Ragazzo fiume, I ragni in testa, Mare di vetro, Storia d’amore e d’anarchia di Antonio Gamberi, Transmission, vita morte e visioni di Ian Curtis, Joy Division. Meriterebbe un editore medio grande, perché la sua scrittura matura andrebbe valorizzata, se ancora esistessero gli editori - talent scout (ma tanto ci sono i talent televisivi, no?), anche se i suoi ultimi lavori sono usciti per Stampa Alternativa del mitico Marcello Baraghini, grande editore da un punto di vista morale, senza essere un editore grande.
Il romanzo è ambientato a Napoli, nei quartieri marginali della città, secondo la lezione di Roberto Saviano, ma forse ancor più delle fictiontelevisive come L’oro di Scampia e i serial Gomorra e Romanzo criminale. Non crediamo di bestemmiare dicendo che Angeli ci appassiona molto di più del rinomato Saviano, abile polemista ma incapace di scrivere narrativa con un briciolo di poesia. Angeli no, nelle sue frasi scarne e nei dialoghi serrati abbonda di un cupo lirismo fatto di inquietudini, di bambini che giocano a pallone sotto gli occhi di giovani spacciatori, di adulti che passano il tempo nei bar di periferia, di donne disponibili a incontri sessuali a pagamento. Il protagonista della storia è Nunzio, un ragazzo di Secondigliano, che ci racconta pagina dopo pagina il vuoto della sua esistenza fatta di consuetudini, di un niente assoluto, permeata dal desiderio di fuga. Napoli Circonvallazione Nord è a tutti gli effetti un noir, una storia criminale, che narra le vicissitudini di spacciatori e ladri di quartiere, di rapinatori braccati dalla polizia, costretti a vivere un’esistenza che non vorrebbero. Nunzio sa che non può abbandonare Napoli, perché quel mondo degradato e insopportabile, quel panorama di tristezze quotidiane, è la sua vita. Napoli e i panni stesi alle finestre. Napoli e le case popolari. Napoli e il senso d’abbandono. Napoli e la noia, l’abulia del quotidiano. Napoli e i sogni infranti. Napoli e le suggestioni liriche che Angeli infonde nel lettore. Un romanzo da leggere.
Alessandro Angeli
Napoli Circonvallazione NordItalic Pequod – Euro 15– Pag. 110
Napoli Circonvallazione NordItalic Pequod – Euro 15– Pag. 110
La corta bellezza
Posted by Francesco Saverio Simone EARS WIDE SHUT 07:01giuseppe gavazza
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Mi scrive un'amico reduce da una festivaliera settimana di cinema:
«Devo dire, comunque, che se sono stati selezionati una quindicina film in concorso su più migliaia di film esaminati o la scelta è stata pessima o la produzione cinematografica contemporanea ed indipendente è assai scarsa!”
Non posso dire nulla perché non c'ero e se ci fossi stato forse non avrei dato un giudizio così tranciante. Ma mi chiedo se le imposizione del mercato e della distribuzione non giochino al ribasso della qualità, almeno dal punto di vista della creatività, della capacità d'inventare, di dire qualcosa di personale e vivo che arriva al pubblico.
Lo dico perché una mia esperienza recente in un festival di cortometraggi la descriverei invece in termini opposti: “Posso dire che sono stati selezionati una trentina di film su più di un migliaio: la scelta é stata eccellente e la produzione di oggi e indipendente é senza dubbio di buon livello.”
Il cortometraggio é la palestra, il laboratorio, lo studio, il trampolino di lancio di autori che, talvolta, tentano la carta del “grande film”: spesso proprio l'affermazione in un festival di corti prepara la chance di tentare la produzione di un lungometraggio. Sfogliando l'elenco dei registi e realizzatori di qualche festival di corti internazionale e con una certa storia si trovano molti nomi che poi sono diventati (più o meno) noti, proprio perché passati alla produzione “importante” di lungometraggi con la conseguente distribuzione e passaggio nelle sale cinematografiche di larga diffusione: dove – chissà – potrebbero aver fatto cose meno belle, compiute, interessanti di quelle brevi e precedenti.
Mi chiedo quanto la “necessità” di adeguarsi ai formati imposti dalla distribuzione, tra cui la durata, possa rivelarsi negativa. Talvolta si sente parlare di registi che hanno dovuto tagliare per adeguarsi alla cornice default del “un po' meno di due ore”. Necessità di geometrie temporali standard, come per le misure delle scatole da far stare in un container: se sfori sfasi tutto, rompi la simmetria, le regole e pure le scatole.
Succede di rado che registi importanti riescano ad imporre lunghezze superiori e sono altrettanto rari i casi di film brevi distribuiti nelle sale ordinarie in forma antologica di film ad episodi di unico o diversi registi.
Forse perché il mio mondo é la musica, so che riempire quasi due ore, catturare l'attenzione dello spettatore per circa 100 minuti é terribilmente difficile, e lo é sempre di più nella frenetica e rapida comunicazione a cui ci stiamo adeguando. Certo la narratività e la multimedialità del cinema (la musica non ne é che uno degli elementi) aiutano ma sono rari i casi di brani di musica così lunghi, se escludiamo la lirica, che potrebbe essere considerata l'antenata del cinema: si narra, si parla, si canta, ci sono scene, costumi, protagonisti e personaggi.
Proprio perché abituato alla musica trovo naturale, spontaneo, opportuno, conveniente tagliare un tempo lungo in sezioni: i movimenti di una composizione o le canzoni di un album. Brani, letteralmente, che poi esistono, hanno vita propria e spesso – spezzati e sbranati - ottengono successo per conto proprio; proprio in virtù della non narratività della musica o, quantomeno, della sua narratività non lineare e non (troppo) casuale o, più semplicemente, non colta dai più.
Forse la musica potrebbe insegnare qualcosa. Il cinema é un'arte giovane, ha qualche secolo in meno delle altre arti tra le quali quella a cui più si avvicina é, credo, proprio la musica.
L'etimo di cinematografia é scrittura del movimento: é un arte dinamica. Anche la musica é un arte dinamica, non potrebbe esistere senza tempo e senza movimento. La scrittura musicale é l'unica scrittura del tempo e del movimento che ha preceduto la cinematografia (la scrittura dei movimenti coreografici é recente e poco condivisa).
La storia della musica e della scrittura musicale (la cinematografia dei suoni nel tempo) é stata rivoluzionata dalla tecnologia (iniziando dalla registrazione audio) che ha reso possibile la cinematografia: elettricità prima e digitale ora.
Credo che la scrittura del tempo musicale possa insegnare molto all'arte delle immagini (e dei suoni) in movimento: e la scrittura dei corti, spesso più belli dei lungometraggi, in parte lo conferma.
La forma breve non solo é più agile da gestire e costa meno, ma é probabilmente più facile anche da fruire: é forse un modo di comunicazione più adeguato ai tempi. E, mi pare, che la musica lo abbia capito prima: semplicemente perché ha più storia.
Guerre corporative
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 06:13
di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
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Simone Giusti (Pisa, 1977) è un regista - sceneggiatore e in questo libro dimostra tutta la sua capacità di confrontarsi con storie di ampio respiro, di gestire personaggi e trame complesse, di saper imbastire sottotrame credibili. Abbiamo conosciuto Giusti come autore di romanzi brevi e come regista della serie Evoc, un horror grottesco a puntate (siamo arrivati alla terza) pensato per il web, nel quale tre amici devono vedersela con una paradossale invasione aliena. Il problema è che gli extraterrestri assumono le forme di donne bellissime e sensuali che - tra l’altro - circuiscono il più sfigato del gruppo, un vero e proprio nerd deriso sin dai tempi della scuola. Black Figaè un altro racconto a metà strada tra il fantastico e il thriller, sempre ricco di comicità grottesca, che fa intuire interessanti doti narrative.
Guerre corporative è il suo lavoro più compiuto, un thriller cyberpunk pieno zeppo di ritmo e di suspense, ricco di eventi che si succedono a ritmo forsennato. Ci troviamo in un mondo del futuro dominato dalle multinazionali (ma è poi così lontano da noi?) ed è in gioco il destino della razza umana. Protagonisti principali: un’affascinante hacker maltese, un rozzo contrabbandiere e un freeman dandy con l’antigelo nelle vene. Ambientazione: il mondo intero, perché le guerre corporative - un vero e proprio intrigo internazionale - conducono i protagonisti a vagare persino nello spazio, oltre la Terra e in ogni luogo conosciuto. Molti dialoghi e una narrazione intensa, che non concede respiro al lettore, un thriller dal ritmo incalzante che è una via di mezzo tra il genere spionistico alla 007 e il romanzo d’azione stile cyberpunk. Un genere indefinibile, perché è commistione di generi, ma parlare di fantascienza che va a braccetto con il thriller non è un errore. Guerre corporative rispecchia anche l’amore dell’autore per i giochi di ruolo, perché molte soluzioni narrative rimandano a certe esperienze ludiche vissute in prima persona. Un romanzo adatto per il cinema, ma per realizzarlo servirebbero miliardi e un regista come George Lucas.
Simone Giusti
Guerre corporative
Il Foglio Letterario – Pag. 235 – Euro 15www.ilfoglioletterario.it
Distribuito da PDE e in Toscana da LIBROCO
Guerre corporative
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Come piccole scintille
Posted by Francesco Saverio Simone INSTABILI EQUILIBRI 12:21di Natty Patanè
Sul balcone di fronte l’ennesimo Babbo Natale cercava inutilmente di scalare il vuoto mentre luci intermittenti scrivevano auguri sulla vetrina accanto.
Guardò al di là dei vetri, come se potesse scorgere qualcuno che dovesse arrivare da un momento all’altro o qualcosa che potesse materializzarsi improvvisamente, in realtà sapeva benissimo che per quella sera niente di tutto ciò si sarebbe verificato, e a dire il vero di stranezze quella giornata gliene aveva riservate già abbastanza.
Il mattino aveva aperto con il suo accenno di freddo e aveva ricordato a tutti che in fondo era proprio tempo di proclamare la venuta dell’inverno, quasi contemporaneamente il risveglio aveva interrotto quel suo strano viaggio a ritroso durante il quale aveva varcato la porta di un bar e li aveva cominciato a raccontare al viso conosciuto e sorridente di quell’antico amore dei suoi dubbi e delle preoccupazioni che stava vivendo, poi aveva conosciuto quello che fino a quel momento era solo un nome, e si erano abbracciati, affettuosamente come due vecchi amici che si rivedono dopo molte traversie, ma quelle immagini in qualche modo rassicuranti si erano interrotte nella luce del giorno che amplificava il silenzio.
- Ecco, oggi farò…. –
E cominciò a sciorinare nella mente una lunghissima lista di cose che per metà avrebbe già dimenticato dopo l’ultimo stiracchiamento e per l’altra metà avrebbe rinviato a data da destinarsi per lasciarsi andare all’ozio del festivo.
- Devo scrivergli, erano anni che non lo sognavo, voglio proprio scrivergli, o forse meglio no, magari chissà che pensa, però vorrei farlo –
E mentre ripensava alla sensazione di pace che improvvisamente si era diffusa in quello che fino a quel momento era stato un incubo si ritrovò con le dita sulla tastiera e in qualche istante il messaggio era bello e partito.
Era stato inutile cercare di fermare i pensieri, in pochi era un’invasione di ricordi, di istanti, di immagini che ripercorrevano gli ultimi anni della sua nuova e così antica vita.
Il Babbo Natale stava ancora li penzoloni, con il suo sacco smorto e floscio, il telefono risuonò di un messaggio e il suono portò un cauto sorriso, lesse mentre le dita sfioravano un foglio A4 zeppo di valori di analisi, un sorriso e qualche istante di distrazione, rispose dosando ogni parola per non perdersi quegli istanti di calore, poi accese la musica e corse a cercare la canzone che da giorni risuonava nelle orecchie, improvvisamente ascoltò una delle frasi e si convinse che forse per quello le era rimasta in mente “ … it’s just a spark but it’s enough …” e nel suo accontentarsi sentì la necessità di socchiudere gli occhi che, forse, bruciavano
Il comunismo e la Corea del Nord
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 05:40di Gordiano Lupi
Credo di aver letto quasi tutta la produzione saggistica di Domenico Vecchioni, sempre di alto livello, sia quando parla di spie internazionali che di sanguinari dittatori. Negli ultimi tempi noto un incremento qualitativo e quantitativo della sua opera come divulgatore storico che ha intrapreso al termine della carriera diplomatica. Lavori come Raul Castro, Pol Pot, Ana Belén Montes e adesso questa saga dei tre Kim sono dei veri capisaldi della letteratura biografica, indispensabili per lo studioso e per il semplice curioso del mondo circostante. La prima dinastia comunista della storia racconta il pericolo reale per il mondo rappresentato dalla Repubblica Popolare e Democratica di Corea, un comunismo singolare che non ha niente di marxista-leninista, se non la facciata, un po' come accade a Cuba, un sistema paradossale che è diventato una monarchia dai contorni teocratici. La famiglia Kim guida la Corea del Nord da circa settant'anni, dal Grande Leader(Kim I), al Caro Leader (Kim II) per finire con il Grande Successore (Kim III), accomunati dalla volontà di difendere un potere assoluto che rende paranoici, colpevoli di aver trasformato in triste realtà il romanzo di Orwell: 1984. La dinastia Kim ha riscrive la storia, parla di difesa contro la sempre possibile invasione statunitense, alleva i figli nell'odio contro gli yankee, spende ogni risorsa in arsenali militari e nucleari, senza badare ai bisogni alimentari delle persone. Un simile regime fa marciare il popolo al passo d'oca, lo fa piangere a comando e sorridere per obbligo, non si vergogna di far morire di fame i poveri, ordina fucilazioni di massa per i dissidenti e dispone di giganteschi campi di concentramento dove rinchiude gli antisociali. Un simile regime è una potenza nucleare e un brivido di paura percorre le membra del lettore quando pensa che il folle Kim III potrebbe - soltanto per un capriccio - ordinare un'esplosione atomica. Noi che conosciamo abbastanza da vicino la dittatura cubana - la famiglia Castro governa dal 1959, i Kim dal 1945 - possiamo dire che i due regimi non sono neppure paragonabili. Tanto per fare un esempio, se a Pyongyang venisse fuori una blogger come Yoani Sánchez non solo non sarebbe libera di girare per il mondo criticando il suo governo, ma sarebbe stata da tempo internata in un campo di concentramento o - peggio - fucilata. Il governo coreano pratica l'eugenetica, nel senso che stermina tutta la famiglia del presunto dissidente, una volta accertato (con torture e metodi disumani) il tradimento, che consiste anche in un modesto scostamento dalla dottrina della famiglia Kim. Domenico Vecchioni scrive un ottimo testo, molto utile per che vuole avere una rapida panoramica di uno dei regimi più feroci dell'epoca contemporanea. Si legge come un romanzo, ma non come un romanzo di Veronesi, come un romanzo scritto bene.
Bombolo forever
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 04:50Gordiano Lupi
Bombolo – al secolo Franco Lechner – è un caratterista del vecchio cinema italiano da non dimenticare. Bene ha fatto Ezio Cardarelli a scrivere un libro fantastico, una vera e propria biografia del comico più naturale del nostro cinema. Cardarelli è un poliziotto – come Nico Giraldi, precisa nella nota biografica – che si cimenta per la prima volta con la scrittura di un libro, per amore nei confronti del cinema di Tomas Milian e della comicità di Bombolo. Tutto nasce a Miami Beach, dove Cardarelli conosce e intervista er cubbano de Roma, spinta emotiva necessaria a realizzare un’opera importante. Il libro comincia proprio da Milian, ma prosegue con la vita di Bombolo, raccontata con le sue parole, con il suo slang, con tanti episodi di vita in borgata e momenti di cinema. Il libro è anche una storia in piccolo della Roma povera, dove si parla come si mangia, un testo dal quale emerge tutta genuina spontaneità di Bombolo. Il lettore troverà appagate le sue curiosità: il quartiere natale, il carrettino per vendere piatti e mercanzia per strada, il rapporto stretto con il fratello, l’esordio in teatro, grazie a Castellacci e Pingitore che lo scoprono tra i commensali del ristorante Picchiottino, il lavoro con Tomas Milian, Pippo Franco, Enzo Cannavale. Cardarelli fotografa Bombolo come un irresistibile comico naturale, che non aveva bisogno di recitare, ma bastava mettesse in campo la sua mimica facciale, le sue battute corporali, il suo mitico tzé-tzé, come ricorda Marco Giusti in una brillante prefazione. Il lettore troverà le testimonianze di Pingitore, Martufello, Galliano Juso, Alessandra Cardini, dei familiari e di tutti coloro che hanno conosciuto Bombolo. Interessante apparato fotografico e filmografia completa, da Remo e Romolo (1976) a Giuro che ti amo (1986), senza dimenticare TV e teatro. Cardarelli non è un critico con la puzza sotto il naso, ma un entusiasta del cinema italiano perduto, uno che ama Gloria Guida, Lilli Carati, Edwige Fenech e che non si vergogna a definire W la foca! un capolavoro. Quanto siamo simili… forse proprio per questo metterò il suo libro tra le cose più importanti della mia biblioteca. Complimenti anche all’editore che fa pagare un prezzo onesto per acquistare un’opera che celebra con umiltà e buon gusto il nostro cinema popolare.
Ezio Cardarelli
E poi cominciatti a fa’ l’attore
Ad Est dell’equatore – Euro 12 – Pag. 170www.adestdellequatore.com
info@adestdellequatore.com
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Il Dio Osceno
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 02:32
di Gordiano Lupi
Giovanni Schiavone è nato nel 1983 e ha dedicato quindici anni della sua vita (1998 - 2013) alla stesura de Il dio osceno, unico romanzo pubblicato nella sua breve carriera. Dobbiamo dire che si vedono tutti. Grande cura formale riservata al linguaggio, trama ben strutturata, personaggi complessi, che vivono e respirano, uomini e donne, non fumetti monodimensionali, creature capaci di affascinare e coinvolgere. Sarebbe riduttivo confinare Il dio osceno negli angusti scenari della narrativa di genere, anche se l’autore utilizza tutti gli schemi del fantasy e del fantastico per rendere accattivante il messaggio filosofico. Il dio osceno è letteratura, nel senso più ampio del termine, non mera narrativa d’intrattenimento, quindi è sconsigliato ai consumatori di Volo, Camilleri, Faletti, Veronesi, Nesi, Nove, Nori… l’elenco sarebbe lunghissimo, quasi interminabile. In breve la trama. Siamo nel 2027, il protagonista - il giornalista Jean Blaise - vive a Gebal, una città stato immaginaria, dove è il capo della stampa mondiale. Un giorno incontra lo scienziato Giona Quetzal, che proviene dal bellicoso pianeta Marte, colonia terrestre, e gli rivela una terribile notizia. I potenti dei due pianeti vogliono sterminare l’umanità diffondendo un virus orribile: il male oscuro, che comincia a mietere vittime partendo da Torino. Non tutto è così semplice e lineare come sembra, il finale imprevedibile fa capire al lettore che qualcosa di molto più grande e oscuro minaccia le popolazioni terrestri. Una sorta di rivelazione divina cambierà la vita di Jean Blaise e lo spingerà a prendere decisioni senza ritorno.
Il dio oscenoè commistione di generi, ma soprattutto è romanzo filosofico - morale sul senso della vita e sul ruolo dell’uomo all’interno del complesso gioco del divenire. Parti oniriche si alternano a pura azione, descrizioni fantastiche lasciano il posto a un crudo realismo, pensieri di taglio evangelico, persino spirituale, si danno il cambio con dialoghi filosofici. Un solo appunto: sarebbe stato meglio spostare la narrazione più avanti nel tempo, perché il 2027 è ormai alle porte, e certi cambiamenti profetizzati dall’autore sembrano molto improbabili. Sottigliezze, comunque, perché quel che resta al termine della lettura è la sensazione di non aver perduto il proprio tempo, come spesso accade con tanta narrativa italiana contemporanea. Bravo Schiavone e bene la Pequod, piccolo editore che non delude.
Giovanni Schiavone
Il dio osceno
Italic - Pequod, 2013
Pag. 180 - Euro 16,00
Il dio osceno
Italic - Pequod, 2013
Pag. 180 - Euro 16,00
Tutti assolti...
Posted by Francesco Saverio Simone 23:01Ci siamo quasi...
Posted by Francesco Saverio Simone 00:39Ascoltare l'autunno
Posted by Francesco Saverio Simone EARS WIDE SHUT 08:26© sounds and image October 2014, Giuseppe Gavazza
Giuseppe Gavazza
Prendo spunto da un bellissimo articolo di Guido Ceronetti, pubblicato sulla rubrica Lanternina Rossa de La Stampa giovedì 10 gennaio 2002 (leggibile qui negli archivi storici della testata torinese: http://bit.ly/1vCvZXl ) con una breve citazione : "La scolaresca dovrebbe essere portata al crepuscolo In qualche bosco non ancora incendiato per ascoltare in religioso rapimento il grido intermittente dei rapaci notturni, le modulazioni dell'allocco l'inno alla gioia del gufo reale, la pena antica di Filomela detta anche usignolo."
Il libro di cui Ceronetti - nell'articolo citato dove si parla dell'importanza dell'educazione musicale - caldeggia la lettura é Dialoghi con Calypso di Alfred Döblin (non so se sia stato tradotto in italiano) che é davvero un libro unico e meraviglioso.
Oggi, calda giornata di mezzo autunno, ho preso il mio registratore e, round noon, mi sono incamminato nei boschi del Combeloup, una montagna sopra Grenoble (qui c'é il geotag al suono pubblicato su Freesound: http://www.freesound.org/people/giuseppegavazza/sounds/251987/geotag/) La registrazione intera dura il tempo della breve escursione, circa un ora e da essa ho estratto un frammento di circa 3' che si può ascoltare qui. A metà percorso mi sono seduto al margine del sentiero che era anche il margine del bosco e, cercando di stare fermo al possibile ho registrato il suono delle foglie che cadono: le ben celebrate musicalmente Feuilles mortes, Autumn leaves, Foglie morte.
Ho usato per la registrazione una coppia di microfoni binaurali: microfoni minuscoli che si mettono nelle orecchie esattamente come gli auricolari usati per ascoltare. Per questo la restituzione migliore sarebbe l'ascolto complementare, cioè quello in cuffia. Potete ascoltare cliccando sulla foto che é la foto delle foglie che erano sopra la mia testa all'inizio del frammento che si può ascoltare. Non ho pensato di fare una foto alla fine con identica inquadratura: forse qualcuno dei suoni minimi che si ascoltano é di una delle foglie che si vedono foto, ma che forse non sono più sull'albero. E di certo non lo saranno tra poche settimane o giorni.
CUPOLE NUBIANE. L’architettura del compasso
Posted by Francesco Saverio Simone CASALLEGRA 01:10alessandro de sanctis
CUPOLE NUBIANE. L’architettura del compasso
Quest’estate ho partecipate allo stage teorico pratico Tecnologie Nubiane 2014 a cura dell’architetto Fabrizio Caròla e N:eagorà 7 Piazze.
· Caròla negli anni ‘70 entra in contatto con Hassan Fathy, l’architetto egiziano che dagli anni ’40 rielabora l’architettura tradizionale del suo paese per contrapporsi alle devastazioni dell’International Style, o meglio dell’uso indiscriminato di modelli tecnologici, tipologici e stilistici avulsi dalla realtà locale, riuscendo inoltre a realizzare architetture (e urbanistiche) economicamente sostenibili.
Hassan Fathy riscopriva l’uso del compasso nubiano, ovvero l’uso di una corda per realizzare strutture a cupola semisferiche, dato un centro a terra il muratore aveva la posizione in pianta e in alzato dei conci (di solito in terra cruda) da posizionare.
Il Nostro modifica il compasso originario alzando il centro della cupola da terra, Y, (di solito di un metro circa), e lo sposta di una X rispetto al centro reale della struttura; tutto ciò porta alla realizzazione di una CUPOLA OGIVALE, più ariosa, alta, spaziosa, opzionalmente può essere inserita una piccola apertura superiore, creando piacevoli correnti ascensionali estive.
· L’ospedale di Kaedi in Mauritania è una delle prime realizzazioni di Caròla col sistema del compasso nubiano modificato.
Il vecchio progetto ideato con il sistema ortogonale classico della cultura architettonica razionalista, avulso dal contesto africano, viene bocciato senza compromessi.
In questa struttura vengono usate tutte le tipologie di cupole realizzabili col compasso e anche altri tipi di volte. La cupola ogivale, a limone, a goccia si integrano e sovrappongono a formare, insieme a corridoi a volta, una struttura complessivamente armonica e funzionale, con spazi riservati ai familiari, che con il loro supporto (in quella parte del’africa sono i parenti che danno da mangiare ai malati) aiutano e supportano moralmente il paziente, dividendo i percorsi e gli spazi.
Il materiale in questo caso è il mattone cotto, perché il tradizionale mattone di terra cruda è delicato, si sfalda se non ricoperto di uno strato di argilla tutti gli anni, ed essendo un ospedale non poteva esserne garantita la periodica manutenzione, che nel caso delle costruzioni private viene effettuata gratuitamente da tutti i componenti abili del villaggio.
· Durante lo stage di quest’estate a San Potito Sannitico ho potuto apprezzare il comfort climatico delle strutture realizzate gli anni prima, nonostante fossero prive di infissi, e fosse il mese di agosto! Appena si entrava nel perimetro della cupola la temperatura scendeva sensibilmente, e una leggera brezza accoglieva il visitatore, aria profumata dei prati vicini chiaramente!
· Il sistema è facile da apprendere, di rapida esecuzione e aperto variazioni aggregative infinite.
· Sarebbe interessante studiare varianti europee isolate esternamente con un cappotto termico o nell’intercapedine di una doppia cupola. Esternamente si potrebbe provare una facciata ventilata fissa o a tende mobili.
· Resta il problema dell’accettazione da parte degli uffici tecnici di una tipologia che molti vedono come “straniera” o estranea alla nostra cultura attuale, nonostante sia alla base della civiltà mediterranea. Il Pantheon e le migliaia di altre cupole e volte che vediamo incurvarsi sui nostri orizzonti cittadini o all’interno degli ambienti storici dovrebbero essere il lasciapassare più efficiente per il suo riutilizzo.
Alcuni passaggi qui sotto riportati sono rielaborati dalla video-intervista all’architetto Fabrizio Caròla; The dome as a social model:
· Si è persa la tradizione della cupola nel tempo, era fondamentale in tutto il bacino del mediterraneo.. (ostacolo burocrazia)
· Ambiente senza tensioni (a differenza delle strutture ortogonali)
La pressione in un punto qualsiasi della cupola si trasmette in tutte le direzioni, disperdendosi, tutta la struttura partecipa alla resistenza alla deformazione, collaborando al mantenimento in equilibrio della struttura.. tutto questo può essere letto come la metafora di un modello sociale più giusto, democratico ed equo.
· No gerarchia, ognuno fa quello che sa fare, come i mattoni della struttura a cupola.
· E’ un sistema facile, sicuro, grazie al quale sono state formate schiere di semplici operai e tecnici in poco tempo in vari paesi dell’africa e più recentemente anche in Europa. Valido quindi anche per l’autocostruzione, l’importante è un progetto ben pensato, e qui è fondamentale il lavoro dell’architetto, poi tutto viene da sé , F. Caròla dixit..
san potito sannitico - agosto 2014 - villaggio 7 piazze
GIU' LE MANI DA TORRE GUACETO!
Posted by Francesco Saverio Simone CULTURA E SOCIETA', CULTURE COMUNICATE, ECONOMIE ECOLOGICHE 02:07di Roberto Aprile - Comunicato stampa.
GIU’ LE MANI DA TORRE GUACETO
Ritardi delle Istituzioni e rinvii. La mobilitazione continua!
Ritardi delle Istituzioni e rinvii. La mobilitazione continua!
Da sabato 11 ottobre nuove azioni da Torre Guaceto al Palazzo della Regione.
Il forum dei comitati civici nati per la tutela della riserva di Torre Guaceto prende atto che alla luce degli ultimi incontri istituzionali il pericolo di devastazione totale dell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto è ormai certezza.
Il tavolo tecnico convocato in Regione per risolvere il grave problema dello scarico delle acque del depuratore di Carovigno nella zona A dell’Area Marina Protetta ha evidenziato che, escluso il Consorzio di Gestione, tutti gli altri soggetti coinvolti, dalla Regione all’Acquedotto Pugliese, intendono sacrificare Torre Guaceto e le soluzioni proposte per evitare lo scarico delle acque sono fantasiose, irrealizzabili e lunghissime, in pratica solo un inutile pretesto per prendere tempo.
Il TAR a cui il Consorzio di gestione si era rivolto ha rinviato ogni decisione al 19 novembre!
Tutto ciò significa che da diciassette giorni e almeno fino al 19 novembre il depuratore continuerà a versare milioni di tonnellate di liquami nella Riserva.
Ci domandiamo se tutto ciò sia un caso o invece parte di una più vasta strategia:
appare inquietante che a due chilometri dalla Riserva di Torre Guaceto ci sia un depuratore a servizio di più comuni, a cinque chilometri ci siano due discariche stracolme (Autigno e Formica) con gravi problemi legali e di sicurezza ambientale e che nello stesso tempo l’Amministrazione Comunale di Carovigno proponga alla Regione Puglia un mega impianto industriale di compostaggio intercomunale a soli tre chilometri dalla Riserva nelle campagne di Serranova.
Rimangono solo i cittadini, il loro sdegno e la loro democratica protesta.
La mobilitazione continua!
Tre iniziative per tutti tra rotte migratorie, scarichi e città, per rivendicare la difesa di Torre Guaceto e del suo territorio davanti alla Regione Puglia!
PRIMA TAPPA
sabato 11 ottobre 2014, ore 16.00
TORRE GUACETO: LA FOGNA A UN PASSO DALL'AFRICA.
Trekking dallo stagno dove si stanno riposando gli uccelli prima di partire per l'Africa al nuovo scarico fognario: vi mostriamo il bianco degli aironi e il nero della fogna che si versa in Riserva.
Percorso facile a piedi, per grandi e bambini.
Ritrovo strada d'ingresso per Torre Regina Giovanna sulla complanare di Torre Guaceto, lato monte.
Per i ciclisti: partenza in bici da P.zza Vittoria-Brindisi 3395860740
SECONDA TAPPA
lunedì 13 ottobre, ore16,30
San Vito dei Normanni:
EGREGIO PRESIDENTE LE SCRIVO LA PRESENTE...
Il Forum per Torre Guaceto chiede ragione al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola ospite a San Vito dei Normanni per un incontro con Stefano sulle primarie.
TERZA TAPPA
martedì 14 ottobre, dalle ore 9.00
BARI, PALAZZO DELLA REGIONE:
SIT-IN E CONCERTO PER ACQUA E VENTO
Sit-in di protesta e flash mob con la realizzazione con mani e acqua di un’ orchestra di acqua e vento. Durante il sit-in interventi e laboratorio di costruzione strumenti. Ore 12: concerto!
Mentre "dentro" si decide del territorio, "fuori" si creano mondi.
Sit-in di protesta e flash mob con la realizzazione con mani e acqua di un’ orchestra di acqua e vento. Durante il sit-in interventi e laboratorio di costruzione strumenti. Ore 12: concerto!
Mentre "dentro" si decide del territorio, "fuori" si creano mondi.
Si organizza viaggio in pullman per Bari. Prenotazioni: 3313477311.
Info: giulemanidatorreguaceto2014@gmail.com
Francesco
Posted by Francesco Saverio Simone libri a portata di mouse 06:11
di Gordiano Lupi
Francescoè un romanzo breve, uscito soltanto in e-book, che si legge con rapidità e trasporto, anche se è dotato di struttura risulta ermetica e racconta una storia si presta a molteplici interpretazioni. Romanzo breve e non racconto lungo, anche se stiamo parlando di una narrazione di 40 cartelle, perché la struttura a capitoli e le diverse sottotrame fanno propendere per tale classificazione. Francesco è una storia d’amore, per meglio dire di disamore, perché racconta la fine di un rapporto, in un’atmosfera sognante e decadente, tra suggestive descrizioni di paesaggi e coinvolgenti stati d’animo che si fondono con il racconto. Hector, il protagonista sogna di ritrovare Francesco, un grande amico del passato, identificandolo nelle sembianze di una donna che compare improvvisamente, proprio mentre Irene, la sua compagna, lo sta tradendo con un collega di lavoro. Il lettore si trova di fronte a un dubbio inquietante: Francesco è soltanto un sogno, oppure è fantastica realtà della nuova vita di Hector? Francesco è un fantasma prodotto dalle ceneri della solitudine, una presenza ectoplasmatica, una finzione della mente che nasconde il corpo di una donna? Forse un po’ di tutto questo. Forse Francesco è soltanto un modo per mascherare solitudine e depressione del protagonista che sta vivendo un tragico abbandono. La vita cambia, un poco ogni giorno, anche quando non ce ne accorgiamo; i sentimenti si modificano, le situazioni non rimangono immutabili. E nel cambiamento della vita di Hector c’è posto ancora una volta per una amico - amante di nome Francesco, ma soprattutto per tanta solitudine. Consigliato, anche per chi non ama leggere gli e-book, perché lo stile è talmente scorrevole e piano che si arriva in fondo in poco meno di un’ora.
Enrico Miglino
Francesco
Ediciones Baleares – E-Book - Euro 3,76
Francesco
Ediciones Baleares – E-Book - Euro 3,76
Il libro dei morti
Posted by Francesco Saverio Simone EARS WIDE SHUT 13:54Giuseppe Gavazza
Il libro dei morti
Fausto Romitelli é un compositore di grande talento nato a Gorizia il 1 febbraio 1963, morto a Milano il 27 giugno del 2004. Milano Musica, uno delle manifestazioni italiane più prestigiose dedicate alla musica nuova, gli dedica il proprio festival 2014. Con tanto di grafica a metà tra Sol Lewitt e l’Andy Warhol che commemorava Marilyn in policromie sgargianti.
Per essere santificati o per avere dedicata una via si deve essere morti e non lo trovo strano. Mi sorprendo invece che accada per un festival di musica contemporanea, o che almeno dice di essere tale. Ripeto: Romitelli si merita gli spazi e la sua musica é più che degna dell’onore degli interpreti eccellenti che la eseguiranno nelle prossime settimane e delle discussioni, pubblicazioni e tavole rotondo sulla sua figura, sulla sua estetica e poetica. Mi intristisce l’assenza di contraddittorio: ben più vive sarebbero state se Fausto fosse presente, ma gli sarà impossibile.
Così come gli é stato impossibile aggiungere altri lavori probabilmente eccellenti e ancora più maturi composti nell’ultimo decennio.
Capisco anche che Milano Musica, o qualche altro Festival di musica contemporanea prestigioso, non poteva dedicargli il festival più di 10 anni fa, quando era ancora vivo. Lo capisco ma non saprei rispondere alla domanda: perché non lo ha fatto? I lavori che esistono oggi a testimonianza del valore del musicista esistevano tutti già nel 2004. Forse perché era troppo giovane e dedicare un festival ad un compositore di 40 anni non é opportuno ? Ma se hai talento a 40 anni hai avuto ampio margine di tempo per dimostrarlo (senza scomodare Pergolesi o Mozart basterebbe vedere cosa ha fatto un Festival ben più prestigioso di Milano Musica, Edimburgo, con il giovane James Mac Millan, vivo e vegeto ora come 25 anni fa).
Conosco bene i sistemi dei festival italiani e la mentalità dei direttori artistici per essere certo che se Romitelli fosse vivo non gli avrebbero dedicato Milano Musica. Sono le stesse ragioni per cui non lo dedicano a compositori di talento vivi.
Forse Foscolo apprezzerebbe: ma pure lui é troppo morto per poter dire la sua.
Figlicidi in Italia...
Posted by Francesco Saverio Simone 08:03MA CHE SUCCEDE AGLI UOMINI?
Padri che puniscono i figli (?!) perchè non hanno le palle di affrontare a viso aperto le mogli o le ex.
Uomini fragili, disturbati psicologicamente, disperati e sull’orlo della follia, forse inchiodati da alimenti esosi da pagare o incapaci di affrontare una vita di solitudine…
Ma i figli?!? Perchè prendersela con i figli?
Perchè non sanno difendersi? Perchè un figlio è a portata di mano?
Perchè sai che un figlio che ti vede avanzare con un coltello in mano, si fida, non ti teme perchè sei suo padre?
No dico, come diavolo fai a uccidere o sgozzare una figlia, la TUA, di 12 anni dopo che l’hai vista nascere, l’hai addormentata in braccio per innumerevoli volte, la tenevi per mano quando cominciava a camminare, le hai raccontato fiabe di ogni tipo… ma che MOSTRO sei?
Non riesco a darmi una spiegazione… help, qualcuno mi aiuti…. :(
La classe (la cena II°)
Posted by Francesco Saverio Simone INSTABILI EQUILIBRI 12:24di Natty Patanè
Sottofondo musicale consigliato:
Hotel California – Eagles
In the lonely hour – Sam Smith
November rain – Guns n’ roses
Si era fermato dietro i vetri, guardando, non visto, le sagome. Gli tornò in mente il pomeriggio, il centro commerciale e il negozio dove cercando un foulard si era imbattuto in una strana signora. Aveva circa ottanta anni, piccola, con morbidi ricci bianchi che mettevano in risalto degli immensi occhi resi ancor più grandi dalle lenti degli occhiali, si guardava allo specchio sorridendo, poi gli aveva rivolto la parola:
- Lei è siciliano? –
- Si –
le aveva risposto garbatamente, mentre lei, scuotendo piano la testa se ne era uscita con un:
- Non ci credo, non può essere –
Per un istante ebbe paura di dover riconquistarsi la sua appartenenza, come se quella sensazione di necessità di riappropriarsi del proprio passato, quella sensazione che lo accompagnava sempre nei sui rientri sull’isola e che quella volta pulsava ancor di più, potesse nascondere un qualche cambiamento, quasi fisico, che gli altri potevano notare, come una strana patina che lo colorava dei colori del continente sbiadendo quelli isolani. Ma durò poco, perché quella stava già parlando con Greta, aveva voltato le spalle allo specchio
- Signorina non mi posso guardare allo specchio che mi viene da ridere! –
Diceva in preda all’ilarità
- Lei non si preoccupi, guardi dall’altra parte –
Fece in tempo a dire Greta prima che una signora si avvicinasse e dolcemente dicesse
- Mamma vieni dobbiamo andare –
Dietro il vetro della sala si sentiva un po’ come se guardasse qualcuno che gli somigliava ma che non era lui e la somiglianza gli rendeva la cosa più buffa e gli faceva venire da ridere.
- È meglio entrare – si disse
In realtà oltre la vetrata si apriva una terrazza che perdeva lo sguardo sul mare e le luci delle frazioni marinare.
- E tu chi sei? –
Nella penombra solo la voce lo aiutò a capire che Laura non lo aveva riconosciuto
- Abbiamo lo stesso cognome e neanche mi riconosci? –
- Sebastiano! Sei tu certo! –
Intorno alcuni volti assolutamente riconoscibili, altri più cambiati dagli anni.
Un sottile cuneo tra mare e il cielo ferito da un segno rosso incandescente di lava si aprì nel tempo e in pochi istanti Sebastiano ci scivolò dentro, trascinandosi dietro i compagni di classe.
Scivolava come quando si lasciavano andare su buste di plastica sulla neve etnea.
Prese per mano la sua amica Elettra memore dei loro trascorsi che li avevano visti attraversare insieme elementari, medie e liceo, chiusero gli occhi e sulle immaginarie pareti rividero gli anni.
Scivolava, seguito da insegnanti, ingegneri, finanzieri, carabinieri, impiegati vari, medici e fu come un ritrovarsi nell’autunno del 1982, illuminati dalla notte e dalla bellezza dei loro 17 anni.
Galleggiavano nell’aria facce, frasi, fotografie che a turno afferravano.
Ora Giada con i suoi occhi ancor più luminosi di un tempo che sembrava appena uscita da un film romantico, bella e splendente.
Ora Dario, con gli occhi che si stringevano mentre sorrideva, che aveva lasciato sul tavolo il suo arrosto.
Una frase per Giuseppe.
Una foto tra le mani di Carmelo.
- E Simone? Quando arriverà Simone? –
Si chiese Sebastiano, ma fu un attimo e poi continuò a farsi trasportare vorticosamente, era come uno di quei videogiochi che suo figlio giocava da piccolo, nei quali il protagonista si ritrova su un carrello di miniera che corre, corre e non si sa dove va.
Vicina Gladis, un abbraccio, gli stessi occhi venati di tristezza dietro gli occhiali e la sincera felicità di rivedersi dopo le personali traversie.
Durò qualche ora la traversata del tempo, interrotta dalla foto di gruppo come quei due anni in cui la loro classe fu bloccata in immagini.
Durò qualche ora e dimenticò vecchi screzi portando alla luce solo la vitalità di un gruppo ancora intatto nella voglia di ridere e vivere.
- Uguali, mi sembra di risentirci esattamente come eravamo –
Disse Sebastiano chiudendo per un attimo gli occhi e concentrandosi sulle voci che gli apparvero straordinariamente identiche, come se fossero solo camuffate da quei volti che ritrovava con qualche difficoltà dopo trenta anni.
Poi rivide l’irrequietezza di Carlo, sempre in moto, e del quale rivedeva quel suo improvviso mettersi il pollice in bocca, ci scambiò qualche frase, breve, come quelle dette sulla vespa ormai ridotta a rottame.
- Adesso andiamo tutti in piazza dello stadio –
Quando Giada li chiamò si rese conto che da un pezzo era passata la mezzanotte e non si era assolutamente reso conto.
- Che andiamo a fare li? –
Chiese senza aver risposta
Risalì in macchina con Elettra, sorridenti. Si diressero verso il chiosco della piazza, famoso per le bibite fatte con il seltz e gli sciroppi multicolore.
L’indomani sarebbe ripartito, forse per quello, forse per le lunghe chiacchierate di quei giorni che lo avevano aiutato a rimettere qualche frammento della sua vita nei giusti posti, si sentì improvvisamente esausto e triste, il cd che aveva in macchina non lo aiutava con la voce soul emergente che lanciava parole di solitudine, fortuna che arrivarono presto e neanche il tempo di chiedersi per bene cosa sentisse che Giada gli porse un bicchiere colmo di bollicine verdastre
- Mandarino –
E sorrise, ancora una volta
- Non potevo essere diverso, Giada, mi dispiace veramente –
Avrebbe voluto dire, ma era conscio che non era il posto adatto inoltre Giada adesso sapeva, e aveva capito e, forse, lo aveva anche scusato.
Il cielo era ovviamente stellato.
La piazzetta era ormai un parcheggio con basole laviche dove prima il cemento gli aveva permesso lunghe partite a pallone con gli amici.
L’estate si avviava a vivere i suoi giorni più intensi, Sebastiano, probabilmente, ne aveva già vissuti di splendidi.
La cena
Posted by Francesco Saverio Simone INSTABILI EQUILIBRI 04:10di Natty Patanè
sottofondo musicale consigliato: "Not in that way" - Sam Smith
Sebastiano passò due dita sul vetro, una curva disegnò una parte del suo viso tra il vapore, peli grigi, qualche ruga, occhi verdi, gli stessi, forse.
Aprì la finestra per bene e aspettò qualche istante che il cambio di temperatura lo facesse riemergere. Nel silenzio gli sembrò di sentire il suo respiro, ritmico, ipnotico a cullarlo, vi si lasciò andare e si fece trasportare in un tempo in cui l’immagine che vedeva era ben altra e, nel chiedersi chi avrebbe rivisto quella sera, chi avrebbe riconosciuto, cominciò a ripetere a se stesso:
- Trenta anni –
Sciolse l’asciugamano che teneva ancora in vita e cominciò a frizionare i capelli, quasi sorrise ripensando a quando erano un fiume riversato sulle spalle, grondanti, lunghi e ondulati e per asciugarli ci voleva quasi un’ora di phon o un bel giro in vespa, magari lasciando guidare qualcun altro per litoranee e lungomare, per tornanti contornati di blocchi lavici e rettilinei che ferivano agrumeti schiusi all'olfatto nelle notti estive.
Crema dopo barba, spalmata, piano, occhi ancora arrossati dallo shampoo, uscì dal bagno, ciondolò un po’ tra valigia e sedie dove aveva sparso una parte del suo bagaglio poi distrattamente prese dei vestiti e li poggiò sui cuscini mentre i suoi occhi si posarono ancora sulla vecchia foto, un rampicante aveva aggredito pesantemente la balaustra di ferro battuto, sfiorando il terrazzo, le mezze colonne in pietra ospitavano i gomiti colorati di felpe e tute, sette ragazzi sorridevano guardando in giù, evidentemente qualcuno era sceso e ai piedi delle scale li fotografava, si riconobbe nel ciuffo morbido di capelli e nell'espressione triste quasi cancellata dal tempo, accanto a lui Giada sorrideva. Oggi era quasi identica, stesso modo di sorridere, forse lievemente venato della rabbia degli anni, ma ancora pieno e comunque tenero. L’acqua ferma e blu della grande vasca rimbalzava su loro due una sensazione di calma che strideva con il silenzio di tanti anni che stavano squarciando.
Rigirò ancora un po’ la foto tra le dita, forse anche Dario sorrideva, sicuramente sorrideva Carmelo, questa sera li avrebbe rivisti, almeno così gli aveva detto Giada, ci sarebbero stati.
Dalla custodia grigia tirò fuori il suo profumo preferito, poi indossò l’orologio e, infine, il bracciale nero,
- chissà cosa penserebbero i miei vecchi compagni di scuola se sapessero chi me lo ha regalato -
pensò ironizzando sui suoi pensieri, poi lasciò la stanza poggiando il giubbotto sulla spalla e andò a ritirare la sua macchina dal garage, bianca, come la sua prima 500 scassata che si arrampicava per le stradine di montagna quando in autunno, insieme ai soliti compagni andavano a raccogliere castagne finendo poi a far le lotte fra le foglie morte. Avrebbe avuto voglia di una capote da aprire ma la sua attuale macchina non ne aveva, si accontentò così di una banalissima aria condizionata che lasciò al minimo per non disturbare troppo la musica che aveva scelto per farsi accompagnare alla cena, dall’albergo al locale che qualcuno aveva scelto. Malgrado gli anni gli sembrava di riconoscere ogni angolo, magari cambiati i colori, la destinazione degli immobili ma immutata la forma della città, stanca e malinconica come una anziana che guarda le auto passare dietro ad un vetro di finestra. Via Galatea, il viale, i semafori, la litoranea e le luci che a destra disegnano tutta la costa, alzò il volume fino a far vibrare il sedile, quasi a cancellare ogni rumore che potesse ricordargli la data e distoglierlo dalla fantasia di rituffarsi nel passato, per un attimo, per quel breve attimo che la solitudine prolungava e rendeva senza un limite ben preciso.
Poi improvvise, le luci della sala, profili che lasciavano intravedere i ragazzi che erano stati e che non erano più
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