CANTO DI NATALE PER VOCE SOLA

Natty Patanè



concorso per posti categoria ZX5000, o forse no?!
Il freddo paralizza anche le espressioni che dovrebbero svelare l’ansia. Un muro di cinta scrostato racconta di un ingresso secondario, su un pilastro l’insegna della fiera.
Livio serra le mani ficcate nelle tasche e di tanto in tanto emette una nuvoletta dalla bocca. Sposta lo sguardo dal parcheggio sterrato al cancello ancora sbarrato, trova quasi conforto nel notare altra gente che ha già salutato da un po’ la terza decina d'anni, si bea nel vedere capelli brizzolati, pance sfatte e barbe sagomate all’inseguimento degli anni andati.
Livio si distrae e mescola il pensiero dei suoi figli con il sogno, che si concede, di poter farcela a quello che gli appare come l’ultimo concorso. Ci gioca col sogno, lo colora, lo allarga, ci lascia cadere dentro un sasso che lo stempera in mille cerchi concentrici che si dilatano carezzando inavvertitamente i capelli raccolti da un elastico nero che scoprono il collo di Ada.
Dopo aver provato quattro o cinque pettinature aveva optato per la più banale coda, certo, appena fuori di casa si era pentita di aver lasciato al vento la possibilità di colpirla, Ada l’invulnerabile, Ada dalle tre corazze, adesso stava ferma, dritta e quasi invisibile, fasciata nel cappotto corto nero portava ritmicamente alle labbra la sigaretta e socchiudeva gli occhi. Fin da ragazzina quel tipo di situazioni la incattivivano. Così se avesse avuto a portata di mano Luca, lo avrebbe probabilmente picchiato, graffiato, magari mandato al pronto soccorso, ma Luca aveva scelto di dirle tutto due giorni prima del concorso e lei, Ada la furia, aveva scelto di indossare una delle sue corazze e tacere, mentre scendeva dall’auto e, senza una parola, lo lasciava la con l’idea del suo nuovo amore. Fosse stato a due passi da lei ora, avrebbe saputo cosa fare, e con il piede stritolò la cicca appena gettata a terra come fosse una parte del corpo di Luca sulla quale infierire.
Il lento sollevarsi della serranda d’ingresso la distolse dai pensieri e, improvvisamente si accorse di essere vicinissima al mare, lo immaginò, grigio come sa essere l’Adriatico in certe giornate d’inverno, grigio e danzante. Provò a cercarlo con lo sguardo ma l’unica cosa che incrociò furono gli occhi spenti di Giulio.
Anche Giulio cominciò lentamente a muoversi per avvicinarsi all’ingresso, sistemò la sciarpa multicolore e si avviò giocando nervosamente con un portachiavi metallico, lo lasciava in tasca per riprenderlo gelido, desiderava che il suo cuore potesse apprendere dal metallo i segreti dell’insensibilità così da chiudersi al dolore e ricacciare Michael tra i tanti ricordi che non fanno più male. Avrebbe dovuto accompagnarlo lui, li al cancello d’ingresso, ma forse quello che doveva accompagnarlo non esisteva più, con una delle sue repentine trasformazioni l’uomo che lo abbracciava coprendolo di complimenti delicatamente posati sulle sue palpebre non c’era più, aveva lasciato il posto a quello sconosciuto che riempiva la valigia bestemmiando in tedesco e vomitandogli addosso una lunga lista di assurdità e di accadimenti inventati per l’occasione.
Giulio si era rapidamente spento non riuscendo a perdonarsi l’imprudenza del concedere fiducia.
Appena entrati si trovarono di fronte un passaggio transennato dal quale si intravedevano infinite file di banchi vuoti, Ada, brava contabile, provò una stima e si convinse che potevano essere almeno 1500, forse più, la cosa le provocò qualcosa di irrefrenabile, avrebbe voluto trattenersi ma era troppo forte l’esigenza di esplodere e, senza eccessivo imbarazzo, cominciò a ridere, rumorosamente e, anche se pensava che l’avrebbero cnsiderata stramba, non si preoccupò neanche tanto e continuò, mentre tutti la osservavano tra lo stupore e un quasi fastidio, solo altri due, dopo breve resistenza, si unirono a lei e in pochi istanti Giulio mescolò alla risata sconosciuta la sua versando sora il ricordo dei giochi coi bimbi, quelli più spensierati e assurdi, a loro si unì, sonoro, quasi musicale, il suono della risata di Giulio che sentì la voglia di legarsi ai due sconosciuti per schiaffeggiare con una grande risata il ricordo di quelle parole rabbiose e ingiustificate che aveva afferrato tra le pieghe dell’insensata furia di Michael. Risero, a lungo, fin quasi all’ingresso, poi proseguirono, ognuno verso il proprio banco, verso i propri quiz, pensando, forse insieme, che un concorso a tre giorni da Natale era proprio giusto celebrarlo ridendo.

Posted by Francesco Saverio Simone on 14:39. Filed under . You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0

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