Ha vinto! Ha vinto!
INSTABILI EQUILIBRI 13:16
ricordi dal 2030
Alcuni giorni erano poi tutta una furia, ed uno di questi in particolare rimane nella mia memoria, come comunemente accade per ricordi, momenti, storie che ci sembrano insignificanti e, chissà perché, periodicamente ci tornano in mente, come sta accadendo a me adesso mentre scaldo le mani alla tazza dalla quale sorseggio the verde. Fuori le strade godono del gelo della notte.
Sarà stato, credo, il 2010, l’inverno sferzava di vento freddo come nelle sue ultime settimane fa spesso quaggiù da noi. Ogni giorno, subito dopo pranzo cercavo di finire i miei compiti per avere ancora qualche momento di luce per correre fuori con i miei amici, talvolta riuscivamo già alle quattro del pomeriggio a vederci. Io inforcavo la vecchia bici, che a rivedermi nelle foto era proprio piccola per me, gia da dentro il garage, la “rimesa” come la chiamava la nonna e mi catapultavo verso i campi appena dietro casa. Dietro di me Lella arrancava, e già da lontano avvistavamo il pallone che saltellava sulla spiazzo di terra battuta, o Cosimo in piedi sul muretto che faceva vedere a tutti quanto riusciva a sputare lontano, seguito a ruota da tutti noi.
Ogni tanto mia madre ci chiamava tutti per una fetta di pane e nutella, altre volte mio padre veniva in soccorso di qualcuno che aveva sfasciato la catena della bici, ma in quei giorni li vedevamo poco, non che fossero assenti, anzi, li vedevamo da lontano, sempre indaffarati e allegri, come raramente li avevamo visti. Casa nostra era piena di fogli, manifesti, cartoline da cui ci guardava un signore con gli occhi profondi, un orecchino e uno strano anello al pollice.
- ma dove andiamo? –
chiesi a mia madre
- a votare –
mi rispose allegra tenendomi il viso tra le mani.
Lei era bellissima nei suoi semplici vestiti, avevo cominciato a percepire che i parenti di papà non la sopportavano affatto, ma non mi era chiaro il motivo, non poteva essermi chiaro che non volevano per il giovane rampollo un piccolo negozio di alimentari quando per tradizione tutti i Di Valva raggiungevano almeno la laurea e sposavano le signorine bene, e questo presunto fallimento lo addebitavano al matrimonio con mia madre che definivano sempre con disprezzo usando mille strani nomi.
Quella comunque fu la prima volta che vidi la mia scuola invasa da gente che di solito non c’era mai, poliziotti, vigili urbani, il salumiere e il farmacista, il sindaco e tutti erano eleganti che facevano un po’ ridere.
- ha vinto! Nichi ha vinto! –
e mio padre improvvisò con me un passo di valzer ridendo e facendomi ridere come una pazza. Si sarebbe sentita aria di rivoluzione ma quel pomeriggio ancora tutto sembrava “normale”.
- ma, ma, ma tu sei, tu sei Carmen! – disse infine
- tu sei Carmen tu sei una Di Valva! Tu non puoi andare in giro così –
sibilo’ in una strana tonalità e poi ripetè
- sei una Di Valva –
lo guardai esterrefatta, non capivo esattamente cosa volesse ma dentro di me cominciai a sentire quella sensazione che di li a poche ore avrebbe invaso casa mia e le strade del paese, quella voglia di dare voce alla mia voglia di velocità e di affermare la mia esistenza, quella voglia di dirgli che non avrei cambiato la polvere del mio campo con niente di quello che voleva lo Ziosandro o chissà quale altro strano parente sconosciuto. Così, guardandolo dritto negli occhi e posizionando il piede destro sul pedale pronta a correre, cominciai a ridere sonoramente e nello stupore dell’omino dagli occhiali dorati gridai:
- Ziosà! Vaffanculo!-









