Il giardino di cemento - Recensione.

di Bianca Rita Cataldi

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"Appena me ne accorsi vidi, come attraverso la finestra della cucina, il non commovente quadretto formato da noi due, uno seduto e l'altra in piedi, e per un attimo non fui sicuro quale dei due ero io."

(Il giardino di cemento, Ian McEwan 1978)


Jack, Sue, Julie e Tom. Quattro fratelli. Un giardino di cemento in cui non cresce niente. Tutt'intorno, il nulla.


Il romanzo si apre con la morte del padre di famiglia, uomo scontroso col quale non si può scherzare e con la mente traboccante di strane idee: l'ultima è quella del giardino di cemento. Si fa arrivare a casa vagonate di sabbia e decide di coprire tutto il verde che circonda l'edificio (uno dei pochi sopravvissuti a una serie di demolizioni finalizzate alla costruzione di una zona industriale). Durante i lavori in giardino, il padre ha un infarto. Jack è ancora un ragazzino, resta in piedi davanti al padre che muore e non fa nulla per salvarlo, non si sforza nemmeno di chiamare aiuto. Nulla. Il padre muore. Qualche tempo dopo muore anche la madre, vittima di una malattia silenziosa alla quale il narratore non darà mai un nome. I quattro fratelli, adesso, sono completamente soli in una casa smisuratamente grande, in una vita ancora più grande e ancora più vuota. Decidono insieme di seppellire la madre in cantina in un baule pieno di cemento perchè sanno perfettamente che, una volta denunciata la morte di entrambi i genitori, gli assistenti sociali li dividerebbero, li darebbero in adozione...farebbero qualcosa, insomma. I quattro scelgono così di nascondere al mondo la morte della loro madre. Soli nella casa isolata, costruiscono una loro società, con valori propri. Un idilliaco paradiso in cui è Julie, divenuta ormai una donna splendida e autorevole, l'ape regina. Ma in realtà, sarà proprio Julie all'origine della crepa che distruggerà per sempre il cemento che li protegge dal mondo. Sarà lei a introdurre un estraneo nel loro universo privato e, dopo l'incontro con la "vera" società, quella che è al di là del loro giardino, niente sarà più lo stesso.


Questo libro è stato il mio primo McEwan. In generale, questo libro è il primo McEwan, ed è una prova magistrale intrisa di pessimismo, dolore, sfiducia nella società. Il primo autore che mi è venuto in mente, a fine lettura, è stato Harold Pinter. "Il giardino di cemento", infatti, altro non è se non una perfetta "comedy of menace": abbiamo un mondo chiuso, protetto (la casa), un numero ridotto di personaggi (i quattro fratelli) e la minaccia (Derek, il fidanzato di Julie). Derek, proprio perchè è un esponente del "mondo esterno", porta con sè i valori di una società della quale, evidentemente, Jack e gli altri non hanno mai fatto parte. L'avvento di una minaccia non può che far crollare, inevitabilmente, il paradiso dei quattro fratelli. Paradiso che, a dirla tutta, ha le tinte dell'inferno più profondo. Un altro elemento interessante è la tensione sessuale che si stende attraverso tutto il libro, tesa come un filo elettrico. Sin dalle prime pagine, a partire dai "giochi" (piuttosto discutibili, a dirla tutta) che coinvolgono Jack Sue e Julie, percepiamo un'attrazione sorda che preme sotto la pelle dei tre fratelli. Sì, tre e non quattro, perchè Tom, il più piccolo, con la sua dubbia sessualità e con la sindrome di Peter Pan che si porta dietro non riesce, suo malgrado, a diventare parte integrante della "famiglia". Non è un caso se, nel capitolo finale, la risoluzione della tensione sessuale porta con sé anche l'inevitabile "dénoument" che non sto qui a riferirvi perchè altrimenti non leggerete mai questo libro. Ultimi appunti:

1) Sue è un'idiota. No, sul serio. E' proprio scema.

2) Com'è che i brufoli di Jack scompaiono in un niente? Fino al capitolo precedente, 'sto poverino era un cesso col viso bubberato e adesso è uno schianto. Ehi jack, non è che mi dici il tuo segreto?

3) Julie, scusami, ma come fai a non capire che Derek vuole fregarti la casa e di te se ne frega altamente? Bah, queste ragazze d'oggi.

Detto questo, è davvero un buon libro. Non credo si possa parlare di capolavoro, no, però ci siamo quasi. In ogni caso, lettura consigliatissima.

mio voto: * * * */5

Posted by Francesco Saverio Simone on 07:34. Filed under . You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0

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