The Cuban Wives: un film da non vedere


di Gordiano Lupi

Il Fatto Quotidiano dimostra di non essere diverso dai giornali che critica e da un certo sistema di potere che stigmatizza, ospitando un articolo firmato da Fabio Marcelli, pura propaganda governativa, diffusa dal regime cubano e dai suoi fiancheggiatori. Il giornalista invita tutti a vedere The Cuban Wives, una pellicola realizzata da Alberto Antonio Dandolo per chiedere la liberazione dei cinque cubani che stavano raccogliendo informazioni in territorio statunitense, ergo sono persone colte in flagranza di reato, spionaggio internazionale, attività illecita in ogni luogo del mondo. Marcelli sostiene che stavano facendo attività antiterrorista, per prevenire attentati da parte di fuoriusciti di Miami, accusa ignobile che dovrebbe essere provata. La pellicola segue pedissequamente il punto di vista castrista, pare una sceneggiatura scritta da un giornalista del Granma (il quotidiano unico comunista), giocando sul lato pietistico e lacrimevole delle mogli che da quattordici anni non vedono i mariti. La fiera dei luoghi comuni unisce Marcelli al regista quando parla di quadretti spontanei di vita cubana, come gli scugnizzi che si tuffano dal Malecón (lo scrive minuscolo e senza accento, ma precisa che è il lungomare dell’Avana). Non solo, osa sostenere che la differenza tra capitalismo e socialismo è che “qui qualcuno ti aiuta”. Certo, il miglior aiuto che ottengono i cubani dal loro regime è una zattera a bordo della quale fuggire, per tentare la fortuna in un qualsiasi luogo del mondo dove la libertà non sia un’utopia. Nessuno nega che dovrebbe avvenire una riconciliazione tra Cuba e Stati Uniti, ma non sarà certo uno scambio di prigionieri a sancirla. L’impressione è che questa squallida pellicola di regime voglia fare soltanto propaganda. Marcelli conosce la vicenda Alan Gross? La sua vita vale meno di quella di cinque spie cubane?
Gli Stati Uniti sono disposti a riconoscere il popolo cubano, non un governo che non rappresenta nessuno, perché non eletto democraticamente. Gli Stati Uniti esigono – giustamente – una controparte che rispetta la Carta Nazionale dei Diritti dell’Uomo e le libertà individuali imprescindibili. A Cuba – oggi come oggi – questo non accade. Obama è libero di concedere la grazia alle cinque spie cubane (questo è il loro vero nome, non si tratta di eroi), ma se lo facesse sarebbe soltanto un atto di magnanimità unilaterale.  
The Cuban Wives ha vinto il premio della critica al Festival del cinema latinoamericano di Trieste, segno che in Italia riscuotono consensi solo le pellicole filogovernative e menzognere. Tutti i lavori controcorrente e realistici sulla realtà cubana vengono osteggiati e messi al bando. Quando finirà questa occupazione culturale da parte di una strana sinistra italiana?
The Cuban Wives sarà presentato in prima romana al Palazzo delle Esposizioni. Manco a farlo apposta ci saranno l’ambasciatrice di Cuba in Italia, Milagros Carina Soto Aguero, e Gianni Minà, il rappresentante del regime cubano in Italia. Il ridicolo è completo, ma faranno parte della messa in scena filocomunista anche il direttore del Dipartimento di comunicazione e spettacolo dell’Università di Roma Tre, professor Giorgio De Vincenti, e il regista. Di sicuro troveranno molte occasioni per diffondere il verbo castrista contenuto in questo film, cosa che non è stato possibile fare con una pellicola di Pierantonio Micciarelli, un quadro veritiero delle mancanze a Cuba, uno scenario che racconta la libertà negata. In fondo certe manifestazioni di ipocrisia sono legittimati dai cubani che non protestano, perché sarebbe opportuno che le decine di migliaia di esiliati caraibici residenti in Italia si recassero in massa a fischiare la pellicola e a riempire di pomodori maturi il suo regista e la claque di patetici accompagnatori.

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