CUPOLE NUBIANE. L’architettura del compasso


alessandro de sanctis

CUPOLE NUBIANE. L’architettura del compasso

Quest’estate ho partecipate allo stage teorico pratico Tecnologie Nubiane 2014 a cura dell’architetto Fabrizio Caròla e N:eagorà 7 Piazze.

·        Caròla negli anni ‘70 entra in contatto con Hassan Fathy, l’architetto egiziano che dagli anni ’40 rielabora l’architettura tradizionale del suo paese per contrapporsi alle devastazioni dell’International Style, o meglio dell’uso indiscriminato di modelli tecnologici, tipologici e stilistici avulsi dalla realtà locale, riuscendo inoltre a realizzare architetture (e urbanistiche) economicamente sostenibili.

Hassan Fathy riscopriva l’uso del compasso nubiano, ovvero l’uso di una corda per realizzare strutture a cupola semisferiche, dato un centro a terra il muratore aveva la posizione in pianta e in alzato dei conci (di solito in terra cruda) da posizionare.

 

Il Nostro modifica il compasso originario alzando il centro della cupola da terra, Y,  (di solito di un metro circa), e lo sposta di una X rispetto al centro reale della struttura; tutto ciò porta alla realizzazione di una CUPOLA OGIVALE, più ariosa, alta, spaziosa, opzionalmente può essere inserita una piccola apertura superiore, creando piacevoli correnti ascensionali estive.

·        L’ospedale di Kaedi in Mauritania è una delle prime realizzazioni di Caròla col sistema del compasso nubiano modificato.

Il vecchio progetto ideato con il sistema ortogonale classico della cultura architettonica razionalista, avulso dal contesto africano, viene bocciato senza compromessi.

In questa struttura vengono usate tutte le tipologie di cupole realizzabili col compasso e anche altri tipi di volte. La cupola ogivale, a limone, a goccia si integrano e sovrappongono a formare, insieme a corridoi a volta, una struttura complessivamente armonica e funzionale, con spazi riservati ai familiari, che con il loro supporto (in quella parte del’africa sono i parenti che danno da mangiare ai malati) aiutano e supportano moralmente il paziente, dividendo i percorsi e gli spazi.

Il materiale in questo caso è il mattone cotto, perché il tradizionale mattone di terra cruda è delicato, si sfalda se non ricoperto di uno strato di argilla tutti gli anni, ed essendo un ospedale non poteva esserne garantita la periodica manutenzione, che nel caso delle costruzioni private viene effettuata gratuitamente da tutti i componenti abili del villaggio.

 

·        Durante lo stage di quest’estate a San Potito Sannitico ho potuto apprezzare il comfort climatico delle strutture realizzate gli anni prima, nonostante fossero prive di infissi, e fosse il mese di agosto! Appena si entrava nel perimetro della cupola la temperatura scendeva sensibilmente, e una leggera brezza accoglieva il visitatore, aria profumata dei prati vicini chiaramente!

·        Il sistema è facile da apprendere, di rapida esecuzione e aperto variazioni aggregative infinite.

·        Sarebbe interessante studiare varianti europee isolate esternamente con un cappotto termico o nell’intercapedine di una doppia cupola. Esternamente si potrebbe provare una facciata ventilata fissa o a tende mobili.

·        Resta il problema dell’accettazione da parte degli uffici tecnici di una tipologia che molti vedono come “straniera” o estranea alla nostra cultura attuale, nonostante sia alla base della civiltà mediterranea. Il Pantheon e le migliaia di altre cupole e volte che vediamo incurvarsi sui nostri orizzonti cittadini o all’interno degli ambienti storici dovrebbero essere il lasciapassare più efficiente per il suo riutilizzo.

 

Alcuni passaggi qui sotto riportati sono rielaborati dalla video-intervista all’architetto Fabrizio Caròla; The dome as a social model:

·        Si è persa la tradizione della cupola nel tempo, era fondamentale in tutto il bacino del mediterraneo.. (ostacolo burocrazia)

·        Ambiente senza tensioni (a differenza delle strutture ortogonali)

La pressione in un punto qualsiasi della cupola si trasmette in tutte le direzioni, disperdendosi, tutta la struttura partecipa alla resistenza alla deformazione, collaborando al mantenimento in equilibrio della struttura.. tutto questo può essere letto come la metafora di un modello sociale più giusto, democratico ed equo.

·        No gerarchia, ognuno fa quello che sa fare, come i mattoni della struttura a cupola.

·        E’ un sistema facile, sicuro, grazie al quale sono state formate schiere di semplici operai e tecnici in poco tempo in vari paesi dell’africa e più recentemente anche in Europa. Valido quindi anche per l’autocostruzione, l’importante è un progetto ben pensato, e qui è fondamentale il lavoro dell’architetto, poi tutto viene da sé , F. Caròla dixit..
 






san potito sannitico - agosto 2014 - villaggio 7 piazze

Posted by Francesco Saverio Simone on 01:10. Filed under . You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0

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